venerdì 18 novembre 2011

Corso di base sul diritto dell'immigrazione

Organizzato dal csa Germinal Cimarelli in collaborazione con Onde Migranti associazione pettirosso
tenuto dall'avv. Suzana Korriku

Sabato 19 novembre
e


Sabato 26 Novembre


dalle 15:30 alle 17:00


Corso di base sul diritto dell'immigrazione è un avento aperto a tutti per chi ne vuole sapere di più o per chi vuole avere informazioni su questo importante fenomeno 

venerdì 4 novembre 2011

In Tunisia continuano le proteste contro Eni. Fermata la produzione?

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Dopo la visita al cantiere ENI di Tazarka, dove da più di una settimana è esplosa la protesta della popolazione con presidi ai cancelli e blocchi al passaggio dei camion, impieghiamo un’ora per rientrare a Tunisi. Con un leggero strattone alla spalla, mi svegliano che la macchina è appena arrivata in rue Bourguiba. E’ notte e lungo la strada principale della capitale sono in corso gli ultimi caroselli dei militanti di Ennahdha dopo che il successo atteso da giorni ha ricevuto l’ufficializzazione dall’Instance Supérieure Indépendante pour les Élections. Il mio amico, e a questo punto “collega” cameramen, mi aspetta in Rue de Marseille insieme a Z. e un fotografo francese. Racconto fatti e sensazioni dell’incontro coi manifestanti. Posando gli occhi davanti ai cancelli di Eni, tutt’altro appare rispetto alle accuse delle agenzie di stampa e del governo tunisino che parlano di sequestri e presenza di gruppi armati. Nessuno ha mangiato per la tensione e proviamo a rimediare. A quell’ora l’unica soluzione per calmare la fame è un carretto ambulante. Compriamo dei panini, manca mezzo dinaro di resto e il venditore rimedia offrendoci due uova da bere all’istante. Ci spiega che danno più forza in “certe” situazioni. Ci accontenteremmo di utilizzarla per provare a capire i reali meccanismi di circolazione di questa notizia. Come si è formata, come è stata approfondita, come viene seguita. Il discorso si allarga all’informazione. Tunisi conosce se stessa, è la capitale, il centro. Quello che è fuori, è molto più distante, alieno, più dei 60 km di macchina per recarsi sul posto. Filtraggi, approssimazioni, “ma anche razzismo”, mi confessano. Tutto può essere. In ogni caso una delle parti in gioco si chiama Eni, che con il suo silenzio non facilita di certo la trasparenza.
Continuo a leggere e scrivere fino alle luci dell’alba e oltre, aspettando che gli altri si sveglino. In tarda mattina siamo di nuovo sulla strada per Tazarka. Rispetto alla sera precedente, a me si aggiungono un cameramen e un attivista tunisino. Prima di partire telefono a Ramzi Bettaieb di Nawaat, per informarlo che sono stato a Tazarka e che sto per tornarci. Gli racconto le mie impressioni, lui continua a esprimere dubbi sulla natura dei manifestanti.

Naomi Klein: Occupy Wall Street oggi è la cosa più importante del mondo

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di Naomi Klein

Ho avuto l'onore di essere invitata a parlare a Occupy Wall Street giovedi sera [6 ottobre, n.d.t.]. Dato che l'amplificazione è (disgraziatamente) proibita, e tutto ciò che ho detto ha dovuto essere ripetuto da centinaia di persone in modo che gli altri potessero sentire, (il cosiddetto "microfono umano"), quello che ho effettivamente detto nella Piazza della Libertà ha dovuto essere molto breve. Tenendo conto di questo, qui c'è la versione più lunga, non tagliata del discorso.
Vi amo.
E non ve lo dico solo perché centinaia di voi mi urlino in risposta "Ti amiamo", anche se questo è un altro vantaggio del microfono umano. Dire agli altri quello che avreste voluto che vi dicessero, solo più forte.
Ieri uno dei portavoce all'incontro dei lavoratori ha detto: "Ci siamo incontrati". Questo sentimento contiene la bellezza di quello che si sta creando qui. Uno spazio aperto (e un'idea così grande da non poter entrare in nessuno spazio) in cui tutti coloro che vogliono un mondo migliore possono incontrarsi. Vi siamo molto grati.
Se c'è una cosa che so, è che l'1% ama le crisi. Quando la gente è nel panico e disperata e nessuno sembra sapere cosa fare, quello è il momento ideale per far passare la propria lista di politiche pro-corporative: privatizzare l'educazione e la sicurezza sociale, smantellare i servizi pubblici, liberarsi degli ultimi limiti al potere corporativo. In mezzo alla crisi economica, questo avviene in tutto il mondo.
E c'è solo una cosa che può bloccare questa tattica, e fortunatamente è una grandissima cosa: il 99 per cento. E questo 99 per cento sta scendendo in piazza da Madison a Madrid per dire "No. Non pagheremo la vostra crisi".
Lo slogan è nato in Italia nel 2008. È rimbalzato in Grecia e Francia e Irlanda e alla fine è arrivato al chilometro quadrato dove la crisi è cominciata.
"Perché protestano?" chiedono gli eruditi perplessi alla TV. Nel frattempo, il resto del mondo si chiede: "Perché ci avete messo così tanto?" "Ci stavamo chiedendo quando vi sareste fatti vedere". E la maggior parte: "Benvenuti".
Molta gente ha fatto dei paragoni tra Occupy Wall Street e le cosiddette proteste anti-globalizzazione che avevano richiamato l'attenzione del mondo a Seattle nel 1999. Quella è stata l'ultima volta in cui un movimento globale, guidato dai giovani, decentralizzato aveva preso di mira il potere corporativo. E sono fiera di aver fatto parte di quello che abbiamo chiamato "il movimento dei movimenti".
Ma ci sono anche importanti differenze. Per esempio, avevamo scelto i vertici come bersaglio: l'Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario Internazionale, il G8. I vertici sono transitori per natura, durano solo una settimana. Questo ci ha reso transitori pure noi. Apparivamo, ci prendevamo i titoli di tutto il mondo, poi scomparivamo. E nella frenesia di patriottismo e militarismo seguita agli attacchi dell'11 settembre, è stato facile spazzarci via completamente, almeno in Nord America.

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