giovedì 24 aprile 2014

Che cosa rimane del 25 aprile? E cosa significa essere antifascisti oggi?


Ha ancora senso definirsi antifascisti oggi? E che significato ha tale termine nel 69° anniversario della liberazione?
In tempi crisi non è inusuale incontrare posizioni tese a superare gli “steccati ideologici”, volte a relegare l’antifascismo nel passato, inutile se non controproducente in momenti storici difficili come quello che stiamo vivendo. Va di moda dire che l’antifascismo è anacronistico, inutile per il suo essere “contro”, per il suo carattere negativo e mai propositivo. Niente di più sbagliato. Essere antifascisti, ieri come oggi, significa comprendere il carattere del fascismo quale braccio violento delle classi dominanti, quelle che causano le crisi e che mai ne subiscono gli effetti, usato ad arte per reprimere con violenza squadrista le istanze di chi invece dalla crisi è colpito in pieno. 
Essere antifascisti oggi significa avere bene in mente che il “superamento delle ideologie” non è che un altro modo per infiltrare nel popolo in lotta gruppi reazionari con l’obiettivo di spegnere ogni istanza di rivendicazione sociale. Essere antifascisti oggi significa comprendere che la soluzione alla crisi non si ritrova nella lotta tra poveri, ma nell’unione nella lotta contro chi l’ha causata e contro chi punta, con frasi demagogiche di facile effetto, a metterci l’uno contro l’altro. 
Essere antifascisti oggi significa riconoscere e smascherare i legami tra le classi dominanti, i fascisti e la criminalità organizzata.
Antifascismo nella crisi economica globale vuol dire ricordare i presupposti economici e sociali che hanno portato all’avvento dei regimi Nazifascisti in Europa nel secolo scorso, fin troppo analoghi ai tratti che stanno caratterizzando la nostra società in questi tempi. 
Significa rifiutare nettamente le risposte date dalle élite di governo, che diffondendo populismo, qualunquismo e demagogia, stimolano una lotta tra poveri che altro non è che fumo negli occhi atto a nascondere che questa crisi è endemica del sistema capitalistico. Antifascismo nel 2014 significa non farsi distrarre da chi fa passare di soppiatto politiche di governo che calpestano e disintegrano i nostri diritti con misure di austerity, con la precarizzazione del lavoro, con lo sfruttamento di persone e territori.

Anche la nostra città, dove la Memoria ha sempre svolto un ruolo centrale nel tessuto sociale, non è stata esente da tutto questo. Nell’immobilismo generale, il germe dell’anti-politica favorisce il diffondersi di idee fasciste e razziste, con la complicità nemmeno troppo velata di parte della classe politica locale. 
Crediamo sia giunto il momento opportuno per fermare tutto questo e per invertire la rotta. Vogliamo che dal 25 Aprile al 13 giugno, giorno in cui ricorre l’anniversario della Liberazione di Terni,  sia il periodo del risveglio, il periodo in cui Terni si riprenderà ciò che piano piano le è stato sottratto: Memoria, Rispetto e Fermezza. Memoria per un passato di Resistenza contro politiche e pratiche di Odio. Rispetto per i Diritti e le Libertà di tutti coloro che vengono denigrati ed emarginati dalle nuove politiche e dal sistema economico: Gay, Lesbiche, Migranti, Famiglie, Lavoratori, Precari, Studenti, Disoccupati, Senza Casa. Fermezza di volontà perché certi gruppuscoli inneggianti odio e razzismo non trovino più sponda da politici locali in cerca di voti per le amministrative. Ma soprattutto Determinazione affinché i diritti economici e sociali non siano più un miraggio, ma una certezza.

Il 25 Aprile 2014 è il giorno del risveglio verso il corteo del 13 Giugno, dell’orgoglio di una città che non è mai caduta nel tranello della guerra tra poveri. Da sempre e per sempre Antisessista, Antirazzista. Oggi come ieri Antifascista!

martedì 8 aprile 2014

Scuola Siamo Noi: in solidarietà al Prof. Franco Coppoli

Da un paese uso  scendere a patti con la criminalità organizzata, una sorta di secondo stato all’ombra del sole, ci si può aspettare di tutto. Può succedere che un’ondata di oscurantismo medioevale si faccia legge in barba ai principi sostanziali della Costituzione, che le galere si riempiano di poveri cristi ora consumatori ora piccoli spacciatori, che l’Europa ci richiami formalmente per le aberranti condizioni detentive, che il secondo stato veda garantiti i propri profitti da una logica proibizionista così cieca da vederci benissimo.
Mentre ad ogni latitudine si abbandona la caccia alla streghe, mentre gli stili di vita vengono liberati (a fatica) da quell’etica di Stato che imprigiona corpi e disciplina menti, mentre la demagogia della droga lascia il campo al realismo delle droghe, a Terni la parte educativa del primo Stato (la scuola) si piega alle logiche di spettacolarizzazione simbolica del controllo con cui la parte repressiva dello stesso Stato (la questura) pensa di restaurare di fatto l’impianto demagogico anti costituzionale della Fini Giovanardi. Lo fa aderendo senza nulla obiettare (anzi con tanto di tappeto rosso) all’invasione poliziesca delle classi durante l’ora di didattica, lo fa decidendo di mettere in cattedra ad interim un pastore tedesco dal fiuto eccezionale.

Terni soffocata da un’aria che uccide con spietatezza sicaria, Terni minacciata da una disoccupazione dalla progressività inarrestabile, Terni provincia tranquilla dove nulla accade se non nei roboanti titoli ad hoc della stampa locale, insomma ad una Terni sempre più in balia di se stessa si vuole far credere che l’ordine e la disciplina siano le uniche materie degne di essere insegnate nelle aule scolastiche per forgiare gli adolescenti a nuova vita, in una sorta di balillismo da terzo millennio. Insomma se Giovanardi fa bau bau i presidi fanno bee, questo narra il bestiario contemporaneo locale. Ogni logica repressiva infatti trova la sua vittoria nell’introiezione acritica da parte della cittadinanza, figurarsi quando questa induzione all’obbedienza passa per i banchi di scuola. Quando cioè l’istituzione che dovrebbe formare cittadini critici e consapevoli si trasforma in un capannone da polli di allevamento in cui il bastone divora la carota ed in cui la demagogia manichea diventa di fatto materia principe.

Fortunatamente in questa caserma didattica in cui l’ordine si fa metodo e la disciplina militarizza il corpo docente  ingabbiando la “devianza” giovanile c’ è ancora chi tra gli insegnanti si ostina a preservare l’aspetto educativo (quello per cui viene pagato) opponendosi, con tanto di conseguenze personali, al rutilante show chiamato scuola di polizia. I danni della Fini Giovanardi sono sotto gli occhi di tutti nella loro virulenta drammaticità, così come il declino della scuola sempre più fabbrica di consenso piuttosto che palestra di vita. Oggi, però, che nella nostra città un professore con tanto di nome e cognome si ricorda di essere tale facendosi simbolo di resistenza umana, oggi non  possiamo più girarci dall’altra parte e far finta di niente, oggi cari professori, esimi presidi, letargici studenti, distratti cittadini,  è il momento di rivendicare se stessi e la società civile preambolo affettivo di ogni società normatizzata.

E’ il momento di rivendicare una scuola libera da asservimenti in cui la mutualità del vivere comune sia più importante di qualsivoglia materia scolastica, soprattutto di quelle materie suggerite dalla questura e fatte proprie dai presidi. Non dimenticando che a margine dello spettacolo, nel suo bunker impastato di demagogia etica statale e “spregiudicatezza” imprenditoriale, il secondo stato, monopolista assoluto nel fiorente business del  proibito, ringrazia commosso. L’apogeo della spettacolarizzazione repressiva infatti, mentre insegna sudditanza non scalfisce minimamente il tintinnio ininterrotto delle slot machine che distribuiscono “droghe”. 

CSA Germinal Cimarelli – Terni -

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