venerdì 26 marzo 2010

(Ancora) Dalla Grecia



[Significativo documento circolato nei cortei di Atene e Salonicco all'ultimo sciopero generale greco, l'11 marzo scorso]



“Democrazia
Non c'è scampo.
I grandi cazzi sono fuori.
Fotteranno ogni cosa a vista d'occhio.
Guardati le spalle."
Harold Pinter (aveva scritto questo già nel 2003)



Nel momento storico attuale la contraddizione del capitale diviene vieppiù chiara ovunque nel mondo. I proletari in tutto il globo sono in agitazione perché la loro stessa riproduzione diventa sempre più difficile. Come è ormai difficile per i proletari continuare le loro esistenze, è il capitale esso stesso come rapporto di sfruttamento che è in crisi di riproduzione. Le attuali lotte dei proletari sono l'espressione della forma attuale di questo rapporto di sfruttamento.
Durante l'ultimo anno in Cina dove l'economia continua a crescere molto velocemente, tutti i tipi di contraddizioni sono in aumento. Scontri di lavoratori con la polizia sono comuni per una serie di ragioni: per le rivendicazioni di aumento dei bassissimi salari (sui quali è basata l'esorbitante crescita economica), per contrastare le recinzioni delle terre nei villaggi, per ottenere indennizzi per i lavoratori licenziati, contro l'inadeguatezza del sistema sanitario che si manifesta con l'alto tasso di mortalità infantile. Negli Usa dove è apparso un record storico negativo di lotte rivendicative dei lavoratori, migliaia di senza casa e disoccupati occupano case sfitte che erano state sequestrate dalle banche e gli studenti occupano le università in California e a New York scrivendo sui loro striscioni: "Abbiamo deciso di non morire", rivendicando così ciò che fino a poco fa sembrava garantito e cioè semplicemente la possibilità di continuare ad essere studenti. La riproduzione della loro stessa vita (certo da una ben peggiore posizione imposta dalla gerarchia degli stati capitalistici) rivendicano i proletari in Sud Africa e in Algeria, quando si scontrano con la polizia perché continuano a non avere acqua o elettricità e sono forzati a vivere negli slums; così come in India, perché il prezzo del pane sale repentinamente e vengono affamati a morte. Nell'ultimo anno in Spagna i lavoratori dei cantieri navali hanno messo a fuoco macchine della polizia; in Sud Corea operai disoccupati hanno da parte loro occupato fabbriche e si sono scontrati con la polizia per due mesi e mezzo; in Bangladesh, ancora operai disoccupati si sono scontrati con la polizia e hanno bruciato fabbriche. In Francia e Belgio lavoratori disoccupati hanno sequestrato i loro manager, piazzato esplosivi nelle fabbriche e minacciato di farle saltare se non indennizzati per il loro licenziamento. In India e Cina hanno ucciso i dirigenti durante conflitti per migliaia di licenziamenti annunciati.

In questa fase storica le lotte proletarie sono obiettivamente lotte per affermare la stessa sopravvicenza.
Allo stesso tempo, la ristrutturazione dei rapporti di lavoro si accelera e la precarietà è ora la situazione predominante per ognuno. La precarietà si manifesta nei modi peggiori: 43 suicidi di impiegati a France Telecom in due anni ma anche 1 milione di disoccupati che negli Usa attendono disperatamente di sapere se Obama prolungherà ancora una volta gli assegni di disoccupazione che scadono ad aprile o se saranno lasciati senza niente. Le cifre della disoccupazione in molti paesi stanno raggiungendo livelli più alti di quelli di qualsiasi altro periodo storico.
Nella fase storica in cui siamo, il proletariato è più che sufficiente per il capitale. Il più recente non può effettivamente valorizzare il precedente, cioè, non può produrre l'equivalente del profitto necessario perché una parte di esso sia collocata di nuovo investimenti lucrosi. E' questa l'essenza di ogni crisi capitalista al di là della forma che prende. La forma presente di cirsi mette oggettivamente la riproduzione dei proletari al centro della contraddizione. La crisi che è apparsa dapprima come crisi debitoria delle famiglie proletarie negli Usa si è già trasformata in una crisi dei debiti pubblici e può trasformarsi in crisi monetaria; cioè, crisi del debito di grandi paesi con valuta forte o blocco totale di stati capitalisti come l'Unione Europea. La crisi del debito spinge il capitale a volgersi verso la sua sola scelta attuale, che è continuare la strategia che ha creato questa crisi, cioè ridurre ulteriormente salari e indennità in ogni modo possibile. Questa è la sola scelta per il capitale, perché la crisi del debito è il risultato della globalizzazione e della ristrutturazione dei rapporti capitalistici da cui non si può tornare indietro. Dal punto di vista del proletariato: “Catturato nello strangolamento della competizione che può ridurre i prezzi solo riducendo i salari, nella schiavitù del debito che è diventato semplicemente indispensabile come reddito di sopravvivenza, il salariato ha, per coronare tutto ciò, la possibilità di essere tiranneggiato a sue spese, dal momento che i risparmi strumentalizzati dalla finanza di borsa, risparmi che chiedono d'essere ripagati senza fine, sono i loro" (Le Monde Diplomatique, marzo 2008). Dal punto di vista del capitale, è l'implacabile caccia al più basso prezzo possibile del lavoro lungo il pianeta, ma che ha un limite e cioè l'esistenza e la riproduzione della forza lavoro per come è socialmente definita in ciascuno stato capitalista.

Il capitalismo è spinto a tentare di risolvere la crisi distruggendo il capitale fisso (edifici, macchinari, infrastrutture) e il capitale variabile (umano) per ricreare le condizioni della sua riproduzione, senza essere, al momento, in grado di fare questo con il solo mezzo effettivamente diretto: la guerra generale, globale. Così, per il momento, la ristrutturazione inevitabilmente si approfondisce. Il taglio dei salari arriva al punto in cui il salario più basso e l'assegno di disoccupazione tendono a pareggiarsi, come risulta nell'esplosivo indebitamento si sempre più proletari. Le provatizzazioni dei settori di riproduzione (salute, educazione, protezione sociale) si moltiplicano, i disoccupati hanno indennizzi sempre più piccoli e sono sospinti a condizioni di lavoro servili con salari al di sotto della soglia di sopravvivenza. Il periodo storico presente tocca i suoi limiti. E' per ciò che gli stati piazzano corpi di guardi polizieschi fuori dalle scuole in Francia o dentro le scuole negli Usa, per arrestare gli studenti indisciplinati. La sola strada per il capitale oggi è la repressione, cioè, non c'è assolutamente via d'uscita dalla crisi. Questo è ovvio in casi di disastri naturali come ad Haiti o in Cile. In questi casi, il sistema capitalista è messo direttamente in questione dai proletari che, temporaneamente inabili ad essere forza lavoro, organizzano l'espropriazione dei beni e li usano secondo le loro necessità di sopravvivenza; e la sola via per mantenere la proprietà capitalista è usare la violenza militare. Si impongono il coprifuoco la notte e assassini diretti (Haiti) o carcerazioni senza processo (Cile) e improvvisamente la vita somiglia alla vita dei prigionieri nei campi di concentramento come per i migranti senza documenti che a migliaia vivono imprigionati ai confini di ogni stato capitalista.

L'attacco del capitale contro questa parte della classe lavoratrice in Grecia è un aspetto della crisi di riproduzione dei rapporti capitalistici. La Grecia oggi è nell'occhio del ciclone della crisi del debito per molte ragioni. La più importante è che la parte più precaria del proletariato si è ribellata in un modo che tutti conosciamo nel Dicembre 2008. La Grecia è il laboratorio di sperimentazione della nuova fase della ristrutturazione globale assolutamente necessaria al capitale. La borghesia in Grecia, come molto spesso è accaduto in passato, chiama in aiuto le borghesie più potenti per imporre una nuova forma di sfruttamento (sin dall'inizio, il governo ha annunciato un debito pubblico più alto di quello annunciato dal precedente governo per accelerare l'introduzione del Programma di Stabilità) ma quelle stesse borghesie sono al centro della crisi globale. L'intera stampa economica internazionale attende di conoscere la reazione del proletaria qui in Grecia e così avere una panoramica della situazione internazionalmente. Le maggiori concentrazioni degli squali del credito sono in competizione fra loro per prestare allo Stato greco e così controllarlo in futuro e per questa via controllare la forma e l'intensità dello sfruttamento del proletariato locale. La creazione del Fondo Monetario Europeo secondo gli standard del FMI mostra chiaramente che la contraddizione della competizione fra capitali ora può essere risolta temporaneamente ma anche che non importa chi sia lo sfruttatore del proletariato.

Ogni tentativo di presentare la situazione migliore di come realmente è, semplicemente cade in un gap di senso. Ogni tentativo di presentare la ristrutturazione come un attacco della Germania contro la Grecia è buono solo per stazioni Tv di serie B, anche se Syriza cerca di propugnarlo dichiarando nonsense sulla “moneta sacra" a compensazione dell'occupazione della Germania nazista. Un tipo di propaganda orwelliana dei mass media è stata necessariamente mobilitata e la ristrutturazione è stata presentata come un disastro naturale. Al momento, questa propaganda ha avuto successo parzialmente. Diversi chierici e lavoratori nel settore privato salutano la riduzione dei salari degli impiegati nel settore pubblico. Gli impiegati del settore pubblico sono divisi sulla base di chi è “davvero privilegiato" e chi no. Ma tutto ciò ha una data di scandenza. Se qualcuno vuole sapere cosa significa questo essere privilegiati, può chiedere ai licenziati dell'Olimpic Airways che hanno occupato l'Ufficio Generale della Contabilità dello Stato sebbene 15 giorni prima avrebbero riconosciuto “il difficile e abbastanza pesante programma del Ministro" quando il ministro di passaggio li ha ignorati dopo che lo avevano pregato di conceder loro un incontro. O anche, a proposito dell'impatto dell'attesa ristrutturazione sulla vita quotidiana, si può chiedere ai lavoratori della Tipografia Nazionale che dopo aver letto il testso del piano d'austerità e realizzato che il 30 per cento del loro reddito ne viene tagliato, hanno deciso di occupare l'edificio in cui lavorano per bloccare la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale! O si può anche chiedere loro a proposito del ruolo dei leader dei sindacati, che hanno fatto finire l'occupazione perché avevano ottenuto oralmente “la promessa del governo" di una circolare che avrebbe emendato la legge!

Non c'è nessuno che possa migliorare la situazione. Le cerimoniali manifestazioni convocate dai sinistri, fintanto che rimangono tali, non otterranno altro che mostrare il vicolo cieco. Siamo di fronte allo smascheramento della realtà dai veli dei politici. Le pietre che sono volate l'ultimo Venerdì (del precedente sciopero generale, ndt) e che hanno coperto il cielo non erano ancora abbastanza per farci ascoltare da loro. Quando sempre più disoccupati occuperanno palazzi e la polizia li reprimerà, quando sempre più lavoratori e disoccupati precari si scontreranno con le forze della repressione ad ogni occasione, quando il caos sociale tenderà ad auto-organizzarsi e prenderà la forma della rivolta di classe, allora i sorrisi dei mezzobusti dei telegiornali si ghiacceranno e il combattimento raggiungerà i livelli della violenza accumulata per anni dall'accumulazione del capitale e dall'espropriazione delle vite dei proletari.


“Quello che è accade nella storia, oggi, può essere comparato solo con i maggiori disastri geologici che cambiano la faccia della Terra...
" Victor Serge

Due passetti avanti, un gigantesco passo indietro


Ancora su: Obama e riforma Sanitaria Usa


[di Raffaele Sciortino]

La riforma sanitaria di Obama è dunque passata, anche se non proprio liscia, alla Camera. Il commento più puntuale è forse quello dello stesso presidente: “Non è una riforma radicale, ma è comunque una riforma importante” e, più in generale, “ecco che cosa intendiamo per change”. Il punto allora è: importante per cosa e per chi, e in quale prospettiva?
Qui andrebbero evitati due riflessi condizionati. Primo: il farsi abbagliare dai fumogeni della spettacolarizzazione - nel campo Obama ci sa fare - per cui si sprecano titoloni con l’aggettivo “storico” a proposito di qualcosa che visto nel merito manifesta una evidentissima divaricazione, anche linguistica, tra contenuti e loro presentazione mediatica. Secondo: intonare la litania per cui se la destra è contro una politica - ed è chiaro che è così - questa non può che essere buona. (Chi ritiene superflui questi criteri può fermarsi alla lettura dei "commenti del Manifesto" sulla “straordinaria vittoria”).

I contenuti del piano sono stati ampiamente riportati dalla stampa e qui non entreremo nei particolari. Vediamo piuttosto cosa hanno da dire al riguardo due testimoni non “estremisti” ma neppure imparziali rispetto alla necessità di trasformare in senso pubblico il sistema sanitario degli States. Michael Moore parla di due passi avanti e un gigantesco passo indietro: la legge vieta alle assicurazioni private di negare le cure a persone che si ammalano gravemente e ai bambini affetti da patologie preesistenti, che è quanto accade oggi nel paese guida del mondo libero, e permette polizze familiari che tutelano anche i figli fino ai 26 anni. Ma al tempo stesso lascia la salute completamente nelle mani delle compagnie private, anzi allarga di 32 milioni la platea dei clienti, di chi cioè avrà non le cure ma l’accesso alle cure alla condizione che esse procurino profitti a queste compagnie (v. il video). Non si poteva dire meglio: la salute come la polizza auto. Ha quindi ragione Robert Reich, ex ministro del lavoro nella prima amministrazione Clinton che pure si è schierato a favore della legge, quando scrive che qui non c’è nessuna oscillazione del pendolo verso il New Deal ma al contrario l’applicazione di una vecchia idea dei repubblicani (risale a Nixon) che permetterà alle assicurazioni sanitarie di continuare a crescere e a guadagnare ancora di più nonché di ricaricare prezzi ancora più alti. Non a caso la cosiddetta public option - non un sistema sanitario universale ma pur sempre un intervento pubblico che avrebbe rotto l’oligopolio delle assicurazioni private - era tramontata fin dall’inizio del percorso legislativo tra gli stessi democratici. “Ma dovevamo aspettare un'amministrazione Democratica, il Presidente "storico", il Presidente del cambiamento e della speranza, per fare una riforma della sanità che non solo continua a parlare di mercato anziché di diritti, ma addirittura alimenta il sistema in maniera perversa perché introduce miliardi di dollari nelle tasche delle assicurazioni”, commenta il sito di Peacereporter.

Questo il punto politico della questione: tutto andava fatto per evitare l’idea che la salute, se non proprio un bene comune, va almeno affermata come un diritto e non (o non solo) una merce. Con questa riforma siamo di fronte alla conferma e all’ampliamento della mercificazione privatistica di una sfera della riproduzione sociale. Attenzione: letto sotto questa visuale non è affatto un incidente di percorso lo scambio politico tra Obama e i deputati democratici anti-abortisti sul divieto di usare i fondi federali per rimborsare le spese delle interruzioni di gravidanza, cifra del nesso strettissimo tra mercificazione e controllo dei corpi e della riproduzione (v. il doc Aborto: Al di quà e al di là dell'oceano).
Bisogna allora sputar sopra sui miglioramenti anche minimi che la legge, nelle condizioni date, apporta? E’ di nuovo Reich a dare uno spunto in risposta all’argomento dei “realisti”: bastava ampliare il programma a domanda pubblica (comunque basato sull’offerta privata di servizi) Medicare di assistenza agli anziani invece di imporre, tralatro a partire dal 2014, l’obbligo ad assicurarsi a sedici milioni di utenti e di ampliare il ben più modesto Medicaid (assistenza agli indigenti) per gli altri sedici (al 2019 rimarrebbero comunque del tutto scoperti 23 milioni di individui). Con ciò Obama avrebbe almeno resa più comprensibile la battaglia sulla sanità, con chiari ed omogenei benefici per una platea troppo povera per accedere all’offerta privata ma non abbastanza per accedere a quella pubblica, e avrebbe acquisito più forza anche per l’altro obiettivo della riforma: quello di contenere l’incredibile inflazione, pro compagnie, dei prezzi dei servizi sanitari e dei medicinali che la legge appena varata - anche a dire dell’Economist - non riesce ad affrontare (resta talaltro per le assicurazioni sanitarie l’esenzione dalla norme antitrust). Ma Obama aveva promesso alle lobby sanitarie di non mettere in campo la questione…
Insomma, se non vogliamo giocare con le parole, non di una ancorché minima riforma welfaristica si tratta ma, questo sì, di un tentativo di regolazione del mercato della salute le cui sorti - anche procedurali olteché di implementazione - sono tutte da vedere.

Tutto fumo allora? No, il sommovimento e lo scontro politico d’oltreoceano, con una crisi che continua a mordere su tutti i piani, sono stati e continuano ad essere effettivi, ma vanno in tutt’altra direzione da quanto fanno presagire i peana per la “storica vittoria”.
Innanzitutto, nel rapporto tra Obama e la sua base elettorale e sociale. La messa in pratica del change non l’ha vivificata e mobilitata. Pesano l’eterogeneità sociale e di interessi, la delusione liberal da sinistra soprattutto tra i più giovani, Wall Street che ha rialzato la testa, la crescita della disoccupazione (quella reale si avvicina al 18%) e dei fallimenti familiari… In questo quadro la battaglia sulla sanità non è stata impostata, e fin dall’inizio, come una battaglia di tutti capace di migliorare, contro lo strapotere delle assicurazioni, la situazione reale anche di chi la polizza per ora ce l’ha. Né, va detto, è stata sentita dalla base come un’occasione per attivizzarsi in questo senso, come uno scontro vero contro i potentati economici. La crisi deve ancora mordere in profondità perché le vecchie soluzioni appaiano non più praticabili.
A mobilitarsi è stata invece la destra sociale - che ha smosso un partito repubblicano mezzo moribondo - sul terreno ideologico e delle tasse cui si è aggiunto il tema del deficit statale. Vedremo se il Tea Party Movement si consoliderà, ma certo è un proprio un bel risultato per Obama e i fautori del change essere riusciti a polarizzare solo questa parte di società e a solo un anno o poco più dai disastri di Bush jr! E attenzione: questa parte potrà agitare contro presidente e democratici, già dalle prossime elezioni di medio termine a novembre, la paura di un aumento delle tasse e di un taglio alle prestazioni di Medicare per una middle class colpita dalla crisi economica. Tanto più che, in assenza di una opzione pubblica, le compagnie private aumenteranno i premi sanitari assicurativi scaricandone la colpa sulla riforma. Ciò potrebbe combinarsi con la reazione degli stati guidati dai conservatori che hanno già annunciato ricorsi alla Corte Suprema sull’incostituzionalità dell’obbligo all’assicurazione previsto dalla legge di riforma. La battaglia non è affatto finita ed è pronta a dislocarsi sul terreno del debito pubblico.
Infine, c’è la battaglia interna al partito democratico. La “vittoria”di Obama suona assai amara per molti deputati moderati che a novembre rischiano il seggio. L’ultimatum del presidente è passato solo perché Obama ha messo la sua presidenza in gioco, come ha rimarcato il New York Times del ventun marzo, e al tempo stesso una sua sconfitta avrebbe significato lo smottamento del partito. Il voto finale non ribalta perciò l’indebolimento complessivo della presidenza - rispetto a lobbies, centristi, Wall Street - ma evita per ora la débacle dei democratici. Che è poi il significato dell’attivismo di Nancy Pelosi. Il Congresso, pur a maggioranza democratica, si sta rivelando una palude con sabbie mobili: se col centrismo non si vincono le elezioni, esso è però in grado di bloccare dall’interno delle istituzioni federali ogni change. Ma senza di questo Obama non sarà in grado di rilanciare anche dal basso la leadership americana - che era poi l’obiettivo strategico che stava dietro il suo progetto di riforma sanitaria.

Ora tutti i nodi dello scontro si dislocano intorno alla questione della regolazione finanziaria e della lotta alla disoccupazione. Nei confronti di Wall Street per Obama sarà però difficile ottenere una seconda vittoria… storica. Anche se un minimo di regolazione è indispensabile per il primato globale del capitalismo statunitense - come ha cercato di spiegare il ministro del tesoro Geithner davanti alla platea non proprio consonante del neocons American Enterprise Institute - i rapporti di forza interni e internazionali non vanno in questa direzione. Sul piano della lotta alla disoccupazione, la crescita economica se pure ci sarà è prevista essere jobless, senza crescita occupazionale significativa, e difficilmente risulteranno sufficienti le misure di cui si sta discutendo a Washington.
Ne potrebbe venire fuori un incartamento definitivo della presidenza Obama - sulla falsariga dei disastri a noi ben noti dell’Ulivo: scontentare tutti e rivitalizzare la sola destra - e/o una diversione che tenti di scaricare all’esterno le difficoltà sempre meno padroneggiabili, come si inizia a vedere dalle frizioni con la Cina (moneta, misure protezioniste, ecc.) e dagli attacchi speculativi all’Europa e all’euro.
In ogni caso - a meno di una immediata ripresa di lotte, e un segnale l’ha forse lanciato la mobilitazione dei migrants a Washington negli stessi giorni in cui si concludeva l’iter della riformicchia - l’Obamamania si avvia verso una rapida fine.

martedì 23 marzo 2010

Tor Vergata Antifascista



Appello per il corteo antifascista di Tor Vergata
Giovedi 25 marzo - ore 13 - Ritrovo a Medicina


Tutti sono a conoscenza che le organizzazioni denominate "Blocco Studentesco" e "Casapound" sono dichiaratamente neofasciste.

Tutti sanno che si tratta di picchiatori allenati a far male, ad agire in branco e ben protetti dai piani alti della politica e delle forze dell'ordine mandati nelle strade con la chiara funzione di provocare e reprimere.

Una delle vecchie armi del Potere che insieme ad un complesso sistema di controllo ha come obiettivo quello di limitare la libertà di autogestione delle nostre vite affinché resti sempre alto l'interesse del capitale.

Tutti ricordano gli sprangatori tricolori che furono cacciati da Piazza Navona e,del loro tentativo di infiltrarsi nel movimento studentesco (come sarebbe piaciuto a Francesco Cossiga..).

Tutti sanno che i "fascisti del terzo millennio" sono un fenomeno mediatico, costruito a tavolino e pubblicizzato attraverso alcuni mezzi di informazione per renderli più presentabili all'opinione pubblica.

Tutti sanno che a Roma e dintorni non superano la cifra di 100 persone, dai 20 ai 50 anni di età, di cui si conoscono i "curriculum".

Tutti sanno che è dal giugno 2008 che i neofascisti di questi gruppi tentano di mettere radici nell'Ateneo di Tor Vergata e che, per questo motivo, hanno sempre e ribadiamo SEMPRE, trovato una forte resistenza.

Tutti, amministrazione dell'Ateneo in primis, erano informati sulle minacce, le intimidazioni e le aggressioni fisiche che Blocco Studentesco, coadiuvato dai "vecchi" di Casapound, ha perpetrato dentro l'università di Tor Vergata dai primi casi di ottobre 2008 fino all'ultimo datato il 27 gennaio scorso.

Nell'impossibilità per loro di poter trovare agibilità nel secondo Ateneo romano ed in vista delle elezioni regionali, nelle quali appoggiano Renata Polverini, e di quelle studentesche previste tra poche settimane, i neofascisti di Blocco e Casapound ce li siamo ritrovati a Giurisprudenza, sede del Rettorato, per di più patrocinati e finanziati dall'Università stessa, presentandosi attraverso un'associazione ad essi legata.

Da studenti e studentesse antifascisti/e abbiamo nuovamente agito, pur sapendo di quali infamate possono essere capaci questi soggetti e di quali importanti sostegni politici essi godono.

Sia lunedì 15 che martedì 16 si è trattato di due AGGRESSIONI FASCISTE: cinque studenti, una studentessa e un impiegato dell'università feriti dagli squadristi e refertati al Policlinico lunedì mattina. Otto studenti ed una studentessa fermati dalla Polizia durante il secondo agguato ed un altro studente ferito.

Respingiamo ogni tentativo di equiparazione ed equidistanza con organizzazioni squadriste perché il Collettivo e gli altri studenti/esse antifascisti/e hanno sempre agito alla luce del sole e mai si sono resi responsabili di episodi di violenza in oltre venti anni di attività.

Non staremo qui a piangerci addosso né rinunceremo al nostro costante impegno nelle lotte dentro e fuori un'università che rimarrà impermeabile alle infiltrazioni di razzisti, omofobi e fascisti come quelli che continuiamo a trovarci dinnanzi. La nostra presenza qui, insieme ai/alle feriti/e, dimostra che i loro piani sono già falliti.

Quello che sta avvenendo coinvolge tutti/e, ed è ai singoli e alle realtà che ci rivolgiamo, affinché continuino non solo ad esprimerci la propria solidarietà ma siano effettivamente presenti nelle forme e nelle pratiche ritenute più opportune. Ciascuno faccia la propria parte, noi la stiamo già facendo, da sempre.

Invitiamo tutti/e a partecipare al corteo antifascista che abbiamo convocato per

giovedì 25 marzo, con ritrovo alla 13.00 nei pressi della Facoltà di Medicina
(via Montpellier - capolinea ATAC 500)


Attraverseremo il campus universitario per giungere a inchiodare alla proprie responsabilità l'amministrazione presso il Rettorato. Sappiamo bene che i fascisti in Italia hanno sempre fatto comodo ai poteri forti che li manovrano e possono quindi contare su chi li sostiene, chi li copre, chi li finanzia, chi li benedice e chi con la propria "fattiva indifferenza" si rende complice del loro operato e trae beneficio dai loro servigi.

La "normalizzazione" della loro presenza a Tor Vergata, in città e nel resto del Paese non è stata e non potrà mai essere accettata e tollerata. Non lo è stato nel 2008, non ci sono riusciti nel 2009 e così sarà nel 2010.

Collettivo "Lavori in Corso" e antifascisti/e di Tor Vergata

Adesioni: clic@autistici.org
Info: clic.noblogs.org

25enne muore nel reparto per detenuti dell'ospedale Belcolle In Cronaca

25enne muore nel reparto per detenuti dell'ospedale Belcolle
In Cronaca

sabato 20 marzo 2010 - 17:03:50



VITERBO – (md) E’ stato trovato morto sabato mattina, intorno alle 5.30, nel
suo letto del reparto per detenuti dell’Ospedale “Belcolle” (foto) di Viterbo
probabilmente per arresto cardiaco. Sarà però l’autopsia a stabilire con
certezza le cause della morte di un detenuto campano di 25 anni, Agostino G..



La notizia del decesso è stata data dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo
Marroni. E’ la prima vittima registrata nella struttura protetta del “Belcolle”
dalla sua inaugurazione, 4 anni fa. A quanto risulta ai collaboratori del
Garante, l’uomo era in carcere per scontare un cumulo di pene legate alla
droga. Tossico già dall’età di 12 anni Agostino - persona giudicata difficile e
soggetta ad atti di autolesionismo - era stato trasferito da Rebibbia Nuovo
Complesso a Cassino e da qui, il 10 marzo, al “Mammagialla” di Viterbo.

Il 17 marzo era stato ricoverato in coma al “Belcolle”. Venerdì pomeriggio,
uscito dal coma, era stato trasferito dalla rianimazione al reparto per
detenuti dell’ospedale viterbese. Chi lo ha visto ha raccontato che era
pienamente cosciente, che aveva sostenuto i colloqui con i medici e lo
psicologo e aveva chiesto di parlare con la sorella, che proprio per questo
sabato mattina era partita da Caserta. Venerdì notte Agostino ha risposto all’
appello delle 3, poi alle 5.30 è stato trovato morto.

“Io non so se questa tragedia potesse essere evitata - ha detto il Garante dei
detenuti Angiolo Marroni - è un dato di fatto, tuttavia, che la storia
personale e clinica di questo ragazzo indicavano una serie di patologie che non
potevano essere curate esclusivamente da una reclusione di tipo tradizionale.
In una situazione di emergenza come quella che stanno vivendo in questo momento
le carceri italiane, è evidente che occorrerebbe ripensare a misure alternative
alla detenzione per i detenuti che si trovano in condizioni fisiche e psichiche
drammatiche”.

martedì 16 marzo 2010

Aggressione neofascista a Tor Vergata

15.03.2010


A pochi giorni dalle dichiarazioni di Napolitano, che durante una visita all'università romana di Tor Vergata aveva dichiarato che all'interno dell'ateneo si respira "una bella aria, un clima tranquillo, mentre altrove c'è la bolgia", evidentemente riferendosi alle polemiche createsi dopo la vicenda delle liste, oggi, come già in passato, nella stessa università, un manipolo di neofascisti ha aggredito, indisturbato, gli studenti e le studentesse antifasciste.

Questa mattina, all'Università di Tor Vergata, era prevista un'iniziativa, organizzata dai neofascisti del Blocco Studentesco, dal titolo "Popoli identitari", con la presenza della sedicente ONLUS "Popoli", riconducibile all'area dell'estrema destra capitolina. "Popoli", infatti, organizzazione che fa della causa del popolo Karen (abitanti sulle montagne della Birmania orientale, al confine con la Thailandia, in lotta contro il governo di Rangoon), il paravento dietro cui coprire torbidi traffici di armi e droga, è in realtà diretta emanazione dell'organizzazione neofascisa e xenofoba di Casa Pound.

Gli studenti del collettivo Lavori in corso, che avevano organizzato un volantinaggio in contemporanea alla conferenza per denunciare la matrice fascista degli organizzatori, dopo essersi recati dal Rettore a chiedere ragione della concessione dell'autorizzazione per questi loschi figuri, si sono avvicinati alla sala dell'iniziativa per volantinare.

É stato a questo punto che si è consumata l'ennesima aggressione da parte dei neofascisti romani, sotto lo sguardo complice di istituzioni universitarie e forze dell'ordine: una quarantina di persone, quasi nessuna studente universitario, hanno aggredito i militanti del collettivo, scatenando una rissa che è durata circa dieci minuti e ha procurato lesioni a tre studenti, poi refertati e medicati al Policlinico Tor Vergata.

La conferenza è stata poi spostata a Giurisprudenza, facoltà "fortino" dell'estrema destra romana.

Se da una parte immediate sono state le reazioni di alcuni esponenti politici della sinistra capitolina, che hanno denunciato non solo l'aggressione, ma la stessa autorizzazione concessa ai neofascisti, sicuramente pesante è invece il silenzio che ha contraddistinto non solo la maggior parte dei partiti, ma anche, e soprattutto, le istituzioni accademiche.

Probabilmente a Roma, città con un sindaco ex picchiatore fascista, campagna elettorale si fa anche così.

mercoledì 10 marzo 2010

Casa Pound: chi sono, che fanno, che legami hanno, a cosa servono i "Fascisti del terzo millennio"


«Ma c'è ancora il fascismo?
C'è. Ha ritrovato il suo
viso di 50 anni fa.
Prima delle camice nere, il viso della conservazione che
sul mercato politico offre ancora a buon prezzo
gruppetti provocatori,
perché il poco fascismo
visibile mascheri il molto fascismo invisibile.
La vostra coscienza cos'ha da dire? Bisogna scegliere, bisogna decidere.
Il destino è solo vostro. Rispondete»


Franco Fortini, 1963





dalla quarta di copertina
Napoli, 12 settembre 2009. Casa Pound, un'associazione neofascista presente in tutta Italia e in particolare a Roma, resasi celebre per l'aggressione al movimento studentesco di Piazza Navona dell'ottobre 2008, per il successivo assalto alla RAI e le minacce di morte ai giornalisti, per gli incontri “culturali” con terroristi neri, sottosegretari di governo come Stefania Craxi e mafiosi come Dell'Utri, occupa uno stabile nel quartiere di Materdei.
Nonostante una grande mobilitazione che coinvolge migliaia di cittadini, nonostante cortei e iniziative culturali, nonostante i fascisti siano poco più di una decina e già dopo poche settimane si abbandonino a un pestaggio ai danni di uno studente di sinistra, le istituzioni e le forze dell'ordine, sempre pronte a reprimere i lavoratori e i disoccupati in lotta, non intervengono.

Il Popolo delle Libertà, da sempre intento a lanciare crociate contro le occupazioni di sinistra, fa blocco compatto intorno a Casa Pound, e ne sostiene le rivendicazioni in ogni sede. Intanto il “caso” passa all'Antiterrorismo, ci sono denunce e perquisizioni nelle file dell'antifascismo, mentre la Digos e la polizia proteggono mattina e sera lo stabile occupato dai neofascisti...

Un affare inquietante, che denuncia legami profondi fra una decina di esaltati vogliosi di riproporre il “fascismo nel Terzo Millennio” e un ceto politico di centro-destra che ha nella sua storia un'intima vicinanza con la camorra e lo stragismo nero. Un centro-destra che, forte del suo successo a livello nazionale, tenta di sbaragliare qualsiasi opposizione sul piano locale, mentre il centro-sinistra si rivela ambiguo e complice.

Un affare inquietante, e un problema da risolvere al più presto, prima che la nostra città sia inquinata dal razzismo, dal sessismo, dalla violenza di questi personaggi su cui c'è da far chiarezza.

Questo dossier rappresenta un tentativo, sempre in progress e aperto a qualsiasi contributo, del Collettivo Autorganizzato Universitario per mettere a disposizione le informazioni raccolte in questi mesi su chi sono, che fanno, che legami hanno, a cosa servono, come sono arrivati e perché sono ancora lì i “fascisti del terzo millennio”.

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Con DAX nel Cuore


Alcuni compagni usciti dal pub Tipota si scontrano con tre neofascisti armati di coltelli che li colpiscono ripetutamente, ferendone gravemente due. Uno sarà operato d’urgenza mentre Davide “Dax” non arriverà vivo in
ospedale. Sul luogo sopraggiungono invece numerose pattuglie di polizia e carabinieri che, ostruendo la circolazione stradale, contribuiscono a ritardare i soccorsi. Poco dopo la partenza delle ambulanze arriva anche
un reparto di celere con caschi e manganelli, respinti subito dalle grida indignate dei presenti...un avvertimento...


All’ospedale S.Paolo, già militarizzato dalle forze dell'ordine, i medici comunicano la morte di Dax. Disperazione, incredulità, rabbia…

I compagni e gli amici presenti rispondono alle provocazioni di Polizia e Carabinieri, che danno subito il via a feroci cariche dentro e fuori l’ospedale. Una caccia all'uomo stile Genova 2001, quella stessa
brutalità che abbiamo visto in azione in Val di Susa solo qualche settimana fa.
“Volevano portare via la salma dell’amico” Così il giorno dopo il Questore Boncoraglio legittima l’operato delle forze dell’ordine, il cui bilancio per i pestaggi contro chi era presente è di decine di punti di sutura
sul viso, denti e braccia rotte, teste aperte, facce s figurate e sangue dappertutto.

Sui "fatti del San Paolo" si aprirà poi un processo con imputati un carabiniere e due polizziotti, accusati di porto d'arma impropria e abuso d'ufficio, e 4 compagni alla sbarra per resistenza e violenza a pubblico
ufficiale. Questo processo si è concluso in Cassazione nel 2009 con da un lato la piena assoluzione delle forze dell'ordine e dall'altro la condanna di due compagni ad un totale di 3 anni e 4 mesi di carcere più 100.000 euro di multa.
Lo Stato si è assolto, la magistratura ha legittimato e consacrato
l'operato dei suoi servi in divisa.
Nessuno stupore, nessun lamento. La stessa cosa è accaduta per i processi del G8 Genova.
Nessuno stupore, nessun lamento ma rabbia, odio e la determinazione nel continuare a lottare, ricordare e raccontare.
Una storia che continua perchè fascisti e polizia continuano ad ammazzare, nelle carceri, nelle strade. Continua con il nome di Renato Biagetti, Ivan Khutorskoy, Carlos Palomino, Nicola Tommasoli, Stefano Cucchi, Jan Kucera, Alexis Grigoropoulos, Federico Aldrovandi, Carlo Giuliani e molti altri.
Un elenco che non vogliamo vedersi allungare, una storia di sangue che deve essere fermata costruendo solidarietà, resistenza, lotta antifascista e anticapitalista.

"Per combattere questo nuovo fascismo non ci saranno i vostri nonni, o i
padri dei vostri nonni. Affrontarlo toccherà a voi”
PARTIGIANO “FOCO”


Sabato 20 Marzo

Serata in memoria di DAX

Dalle ore 20.30 cena sociale euro 6

Proiezione del video documentario:

CON DAX NEL CUORE (Di Andrea Pastor 2003)

A seguire DJ Set

"Rassegnazione è paura e complicità!
Contro la rassegnazione pensare l'impensabile!
Contro la paura imparare il coraggio!
Cospirare vuol dire respirare insieme"
Viva Dax libero e ribelle
Davide 16.03.03
Ucciso perché militante antifascista"

presso il CSA Germinal Cimarelli (Via del lanificio 19/A Terni)

martedì 2 marzo 2010

Casa Pound, si chiude il paracadute

Le dichiarazioni di Sbarzella (presidente dell'Atc) sul seguito delle manifestazioni "Sportive" di casa pound a Terni.
L'articolo è uscito questa mattina Martedì 2 Marzo nel quotidiano il Messaggiero.


«Non ci sarà più un’altra domenica come quella che abbiamo vissuto». Parola di Sergio Sbarzella, presidente dell’Atc, che ieri l’altro all’Aviosuperficie di Maratta ha avuto il suo bel da fare, con la rete antifascista che per tutta la mattinata ha contestato la presenza del gruppo paracadutistico “Istinto Rapace”, legato all’associazione di destra radicale Casa Pound. Quello che si preannuncia all’azienda trasporti - che gestisce il campo di volo - è un giro di vite per evitare che scenari del genere si possano ripetere.
«Dobbiamo stringere le maglie dei regolamenti per evitare - sostiene Sbarzella - di cadere in eventuali trappole». Il presidente dell’Atc, duramente contestato dai manifestanti che lo accusavano di aver aperto le porte di una struttura pubblica ad un’associazione neofascista, si riferisce al gioco delle parti che si è sviluppato fin da quando è circolata la notizia che a Terni il gruppo romano organizzava un corso di paracadutismo.
«Non possono passare le provocazione lette sul sito di Casa Pound che hanno dato adito ad una manifestazione di protesta che di presidio democratico ha avuto ben poco», sostiene il presidente dell’Atc. Comunque, non si potrà fare “la caccia all’uomo”.
«Nell’ultimo anno - rimarca il presidente dell’Atc - si sono gettate con il paracadute oltre 2000 persone, ma a nessuno è stato chiesto per chi votasse». Semmai la questione che da oggi in poi sarà tenuta sottocchio con maggiore attenzione è un’altra. «Non possiamo permettere che attività collaterali come quelle sportive consentano ad associazioni legate ad ideali nostalgici di fare proseliti politici». Di fatto ciò che sosteneva la rete antifascista che di sportivo nel corso di paracadutismo non ci vedeva nulla. Semmai una sorta di “Cavallo di Troia” da cui guardarsi con attenzione.
«Domenica prossima non si getterà nessuno dei ragazzi del gruppo Istinto Rapace», conclude Sbarzella.
A quali, però, esprime solidarietà il consigliere regionale Andrea Lignani Marchesani, capogruppo Pdl in Regione.
«Giovani sportivi - dice - che nel momento in cui stavano vivendo l’emozione del lancio vedevano dall’alto gli striscioni e i fumogeni dei contestatori incapaci a librarsi in volo nemmeno con il pensiero».
S.Cap.

Partito Radicale Trans-Nazionale o in Trance-Confusionale?

Molto istruttivo il comunicato stampa della sezione locale del Partito Radicale.

A leggerlo molte cose vengono svelate.

Ad esempio apprendiamo che basta dichiarare una manifestazione come “sportiva” perché poi sia possibile fare di tutto, ivi compreso propaganda incostituzionale e razzista.

Casa Pound adesso sa, grazie agli ultra-voltairriani radicali ternani, che se vorrà indire manifestazioni in cui incitare alla caccia all’immigrato o al gay sarà sufficiente etichettarle come “manifestazioni sportive” e tutto sarà automaticamente concesso.

E chi proverà ad aver qualcosa da ridire sarà etichettato dai supremi giudici radicali ternani come “nazicomunista”, che è cosa molto peggiore che fondare un associazione che si richiama incostituzionalmente al ventennio fascista. Nel secondo caso infatti, l’ombrello ultra-voltairriano e garantista radicale assicurerà copertura in nome di una libertà di parola concessa a tutti. Compresi ovviamente quelli che questa libertà vogliono toglierla agli altri.

È altresì ovvio che per i supremi giudici radicali i padri costituenti di questa nazione erano tutti degli imbecilli, che non capivano la necessità di dare la parola a tutti (fascisti compresi) e si sono premuniti di inserire una norma che prevedesse l’incostituzionalità della riorganizzazione (in ogni forma) del disciolto PNF. Quel “in ogni forma” sta proprio a dire che i padri costituenti erano così imbecilli (sempre per estrapolazione dal comunicato stampa dei radicali ternani) che ritenevano che non servisse che un Partito andasse in giro con l’etichetta “fascista” per essere considerato tale, e quindi loro, da nazicomunisti qual’erano, ritenevano che la libertà di espressione doveva essere costituzionalmente garantita a tutti, tranne a chi ha intenzione di toglierla agli altri. Pensate un po’ quale esempio di nazicomunismo, e quanto sono nazicomunisti quelli che oggi si ostinano a voler far rispettare la costituzione italiana.

Ma del resto non meno imbecilli sono stati gli estensori della “dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” che si sono premuniti di inserire nella carta la clausola che i diritti umani non possano venir usati per limitare gli stessi a chicchessia.

Tutti imbecilli nazicomunisti in questo mondo, verrebbe da dire.

Ma non è l’unica cosa che si evince dal comunicato stampa in oggetto. A sentire l’associazione E. Rossi (una delle miriadi di forme e nomi con cui i Radicali si chiamano) tutti i consiglieri regionali umbri erano al presidio antifascista domenica mattina. Altrimenti come spiegare il richiamo alla legge elettorale regionale approvata recentemente?

È evidente che c’era una forza (Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani) che aveva votato tale legge, ma è altrettanto evidente che la maggior parte delle realtà della rete antifascista ternana non si richiamano a queste organizzazioni, e anzi, tanti dei privati cittadini che ne facevano parte si sono indignati in egual misura dei radicali per la “serrata del gran consiglio” umbra.

I radicali ternani, dovrebbero imparare, e qui la pianto con l’ironia, a non sparare a casaccio nel mucchio dei cattivi gommunisti in perfetto stile berlusconista, perché in tal modo danno l’idea di non sapere neanche di cosa stanno parlando.

È più che evidente che Rifondazione e Comunisti Italiani hanno votato una legge illiberale, cosa di cui se ne assumeranno la responsabilità politica e si giustificheranno come meglio credono con i loro elettori, ma è altrettanto evidente che questo non c’entra niente con la questione odierna. Anche se Rifondazione e Comunisti Italiani non sono stati coerenti con i loro principi non è un motivo sufficiente per sostenere Casa Pound.

Quindi i Radicali ternani, dovrebbero decidere prima di cosa vogliono parlare nei loro comunicati stampa e poi farli, perché fare di tutta l’erba un fascio ed etichettare come promulgatori della legge regionale tutti i partecipanti al presidio antifascista, oltre che demenziale è un suicidio politico.

E qui vengo alle ultime considerazioni personali.

Se c’è una cosa che non mi è mai capitato di sentire in vita mia, è l’autocritica da parte di un esponente radicale. Insomma lo sappiamo, loro sono “avanti”, sono preparatissimi, fanno analisi lucidissime, mettono il dito nella piaga delle ipocrisie del nostro paese. Ma mai, dico mai, uno che si interrogasse sul perché sono spariti dalla scena politica nazionale e sono costretti a fare accordi con un partito a loro quasi antitetico come il PD se vogliono sopravvivere e non scomparire del tutto.

Mai uno che si chieda “ma come, parliamo tanto di non violenza radicale, e poi Bonino e Pannella vanno in divisa militare a fianco degli ustascià Croati?”. Tanto per dire un esempio di autocritica.

Oppure “è vero, la legge umbra è illiberale, ma vogliamo chiederci perché una formazione piccola come Sinistra e Libertà è riuscita a raccogliere le firme e noi no?”.

Frignare è facile, dare del nazicomunista a casaccio pure, interrogarsi sui propri sbagli che hanno portato il Partito Radicale ad essere completamente succube delle iniziative estemporanee dei loro pontefici massimi e distantissimo dal suo elettorato potenziale, è un po’ più difficile.

Di seguito riportiamo il comunicato in questione.
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Ridicolo e ipocrita antifascismo di facciata.


dal sito la voce della fogna di terni riconducibile a casapound di terni

gli stessi che hanno sostenuto a spada tratta le tesi del libro di marcellini contro la brigata gramsci

(tra l'altro il cialfi era presente come organizzatore insieme al circolo dellle libertà sulla presentazione del libro)


Posted febbraio 28, 2010 by NADIR
Categories: contro informazione

Bisogna avere una gran faccia tosta per “indignarsi” nei confronti di una manifestazione sportiva all´aviosuperficie di Terni, bollata nientemeno che come presunto raduno paramilitare neofascista, e poi magari tacere innanzi allo scempio di democrazia costituito da una legge elettorale regionale che di fatto ha violato il periodo di sei mesi previsto dalla normativa nazionale per la raccolta di firme utili alla presentazione delle liste partecipanti alle prossime consultazioni elettorali. I cittadini devono sapere che tra coloro che, in modo prevaricatore e in questo caso davvero fascista, intendono impedire dimostrazioni paracadutistiche o similari negando un esercizio che dev´essere invece garantito a tutti, figurano formazioni politiche che hanno approvato una legge concepita unicamente per tutelare la casta partitocratrica umbra. L´antifascismo di facciata non è nient´altro che espressione d´intolleranza nettamente antitetica alla lotta di chi ha pagato con la propria vita l´ideale di una democrazia reale. Al nazicomunismo di chi intende imbavagliare la libera espressione di qualsiasi opinione opponiamo la forza della nonviolenza, della verità, del dialogo, una forza che purtroppo oggi come ieri risulta quanto mai scomoda e pertanto da negare.

p. Associazione radicale “Ernesto Rossi” – Terni

Francesco Pullia

Massimiliano Bardani

Domenico Cialfi

Raffaela Trequattrini

………Onestà intellettuale ……merce molto rara…..e che proprio per questo si paga a caro prezzo!!

La Redazione

lunedì 1 marzo 2010

Immigrati, il giorno della protesta da Milano a Napoli, migliaia in corteo


Roma - Il corteo più grande è quello di Napoli dove a sfilare sono quasi in 20mila. Ma in tutta Italia sono migliaia gli immigrati che partecipano all'iniziativa "24 ore senza di noi", promosso contro il razzismo e per i diritti dei quasi 5 milioni di cittadini di origine straniera che vivono e lavorano in Italia.

Il corteo di Napoli è partito da piazza Garibaldi ed ha raggiunto piazza Plebiscito, presenti tutte le comunità straniere, dal Bangladesh al Burkina Faso, dal Marocco al Senegal.

A Roma, tra cortei e musica, una delle tante iniziative è stato organizzata in collaborazione con Lega Ambiente: centinaia di rifugiati e richiedenti asilo insieme ai volontari hanno ripulito il parco di Colle Oppio. Un gruppo di immigrati ha manifestato sotto la sede dell'Inps, chiedendo che vengano restituiti ai lavoratori stranieri che decidono di tornare in patria i contributi versati per gli anni lavorati in Italia.

A centinaia stanno sfilando anche per le vie di Milano: "Basta razzismo, siamo i nuovi cittadini, le vostre pensioni le paghiamo noi". E' uno degli slogan gridati nel corso del corteo. Racconta Emanuel, 34 anni del Camerun, dipendente di un grande albergo: "Sono a Milano da sei anni e da sei anni in metropolitana vengo guardato con disprezzo. I motivi di questa manifestazione sono tanti, il punto è che non veniamo considerati come cittadini".

Il giallo è il colore della giornata di "sciopero" degli immigrati. Ad Ancona la manifestazione è culminata in un comizio in piazza Rona. Alexandre Rossi, brasiliano con cittadinanza italiana, referente del comitato Primo marzo ha ha denunciato la politica di non gestione del fenomeno migratorio seguita dal governo: "Si vogliono cacciare gli stranieri quando il 20% della ricchezza del Paese viene proprio dal contributo dei lavoratori extracomunitari".


La giornata è stata anche occasione di denuncia. A Caserta i giovani del centro sociale Insurgencia hanno mostrato un video al direttore generale dell'Azienda trasporto pubblico, nel quale si vede che molti autisti dei mezzi pubblici, su alcune linee, in particolare la M1N, la M1B e M4, non effettuano le fermate lungo il percorso se in attesa ci sono solo immigrati.

A Perugia il corteo - composto in gran parte da immigrati - è partito da piazza Italia, ha percorso corso Vannucci e in piazza IV Novembre si è svolta la manifestazione conclusiva. Presente, fra gli altri, il sindaco Wladimiro Boccali. Molti gli striscioni e i cartelli con frasi come: "No al razzismo istituzionale", "Italiani e migranti per una nuova cittadinanza", "Troppa intelligenza nessun diritto", "Siamo tutti cittadini".

tratto da:www.repubblica.it

Quei bravi ragazzi in camicia nera

Modena: compagno ferito dai fascisti, presidi vs CasaPound - Senza Soste

Lunedì 01 Marzo 2010 00:38 -
[Aggiornamento] In una giornata di importanti iniziative i fascisti del terzo millennio attuano una gravissima provocazione: un ragazzo viene ferito con un coltello da un responsabile di CasaPound Modena. Segue il comunicato dello Spazio Guernica.
Una città ferita
Cedere alla provocazione. La provocazione è quella costruita dalla destra e dalla gente della formazione neofascista che ieri si è presentata a Modena, che ha prodotto il primo frutto della loro logica: un ragazzo ferito da un coltello dal responsabile di CasaPound Modena.
L’esasperazione che può produrre il dichiarare con arroganza il proprio fascismo attraverso i mass media, con quello che suscita tale parola nella nostra città: la memoria delle torture in accademia, i cartelli sui negozi di chi veniva additato come ebreo, le fucilazioni, le deportazioni,
la guerra, i fratelli morti vicino a noi nelle terre occupate, il razzismo nei confronti dei neri delle colonie promosso ancora primo di quello antiebraico, la chiusura delle organizzazioni operaie, l’olio di ricino… non è semplice da descrivere a parole. Tuttavia quando si cede alla provocazione e ci si trova in un contesto sbagliato, si lancia un segnale che può risultare controproducente: ritrovare la mano di un compagno antifascista tagliata e ferita è ciò che non deve succedere mai più.
Il loro brodo di coltura. Perché significa che si afferma l’humus sul quale prosperano i fascisti: lame, bastoni e spranghe. Muore la politica e si afferma l’irrazionalità. I fascisti sostanzialmente in questo modo riescono a distruggere non tanto la costituzione formale, questo lo fanno ogni giorno con gli amici in parlamento, quelli che li tengono a battesimo anche a Modena, ma quella costituzione materiale della modalità del confronto politico che finora ha caratterizzato la città: è una reintroduzione formale del ventennio.
Chiudere la ferita al più presto.
Chiudere lo spazio politico di questi soggetti resta l’obiettivo di ogni antifascista: la presenza viva di ogni antifascista nei luoghi di contraddizione sociale e politica attraverso la costruzione di reti di solidarietà, il migliore antidoto. Dall’altra parte l’impedire che queste figure politiche abbiano spazio e agibilità nelle piazze e nelle strade resta un imperativo categorico e irrinunciabile.
Se vogliono rinchiudersi come topi negli alberghi nascondendo vigliaccamente chi sono, nel mentre dichiarano ai gestori di essere del Pdl o forse proprio sponsorizzati dai loro padrini politici ai fini di ottenere anche una sala ci possono riuscire: ciò che non deve assolutamente succedere è che si riservi una sola piazza o una sola strada a chi reintroduce la logica del coltello in questa città.

tratto da www.infoaut.org


28 febbraio 2010 __________
Il report della giornata antifascista di ieri a Modena
Dopo settimane di mobilitazione che ha visto un assemblea pubblica partecipata da tutte le continenti antifasciste della città di Modena, al laboratorio S.CO.S.S.A, una serie di iniziative svolte all'interno della città di Modena, lo spazio antagonista Guernica, è riuscito a impedire che l'iniziativa di casapound sul mutuo sociale si svolgesse all' interno di una sala pubblica nel centro della città di Modena, medaglia d'oro alla resistenza.
L' iniziativa di Casapound comunque si è tenuta, ma fuori dalla città, all' interno di una sala d'albergo blindata dalla polizia e con la presenza di un unità di artificieri.
La giornata ha visto numerosi presidi sparsi nelle varie piazze di Modena e cortei spontanei che hanno presidiato le varie vie dei quartieri che i compagni vivono tutti i giorni, il tutto contornato da un forte spiegamento di polizia e carabinieri che hanno reso la città, una città blindata militarmente.
Proprio da via Carteria, la via, il quartiere che ospita da tre anni il laboratorio S.CO.S.S.A., una
cinquantina di antifascisti, arrivati al fianco dei compagni del Guernica, sono partiti in corteo verso la piazza dove si sarebbe dovuto tenere l'iniziativa dei neofascisti, defascistizzando il quartiere e la piazza, ponendo uno striscione che citava "VIA I FASCISTI DA MODENA" , parlando alla gente del quartiere spiegando i motivi del gesto e dell' iniziativa.
Da qui si è poi ripartiti percorrendo le varie vie del quartiere, la via Emilia,con cori contro i fascisti e numerosi interventi per spiegare alla gente i motivi della mobilitazione, facendo tappa nei vari presidi che le altre realtà antifasciste modenesi hanno messo in piedi nelle varie piazze della città.
La giornata si è poi conclusa al laboratorio S.CO.S.S.A. con un aperitivo antifascista dove oltre a musica e bevande sono stati distribuiti opuscoli e volanti informativi sulla giornata e sulla nostra mobilitazione contro casapound e il mutuo sociale.

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