domenica 28 febbraio 2010

I FASCISTI DI CASAPOUND “NO PASARAN” A TERNI


COMUNICATO STAMPA


Centinaia di persone hanno partecipato oggi, domenica 28 febbraio ’10 dalle 9.30 alle 14.30 al presidio democratico ed antifascista organizzato dalla Rete Antifascista Ternana intorno all’area dell’aviosuperficie di Terni per esprimere la totale opposizione e contrastare l’iniziativa politica sotto copertura “sportiva” organizzata e pubblicizzata dal gruppo neofascista Casa Pound.

Cittadini ed antifascisti di tutte le età hanno manifestato la più intransigente contrarietà al fatto che uno spazio pubblico, come l’aviosuperficie, che appartiene alla città, venga aperto a gruppi che rivendicano la loro identità fascista.

Chi affermava che si trattava “solo” di una manifestazione sportiva non ha certo più nessun alibi: era evidente l’appartenenza politica della ventina di fascisti, presentatisi con saluti romani e felpe dell’organizzazione neofascista “blocco studentesco”, con bastoni ben evidenti all’interno delle autovetture, che hanno potuto lanciarsi col paracadute sui cieli di Terni protetti da un imponente presenza di forze dell’ordine, producendo una situazione di pesante tensione politica in un territorio e tra una popolazione che ripudia qualsiasi deriva fascista.

Di questa gravissima situazione riteniamo il principale responsabile il presidente dell’A.T.C. Sergio Sbarzella, cui addossiamo la piena e completa responsabilità dell’accaduto e di cui la rete antifascista ternana chiede le immediate dimissioni.

Chiediamo al Sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo di mantenere gli impegni espressi nell’incontro avvenuto venerdì 26 febbraio ribadendo, come ha già fatto, il carattere antifascista della nostra città e togliendo ogni spazio di legittimazione e agibilità a chi, come Casa Pound, fa del razzismo, dei pestaggi e delle intimidazioni pratica “politica” quotidiana.

Chiediamo che venga annullata ogni e qualsiasi convenzione tra l’A.T.C, il Comune di Terni e la RotKopf per la gestione di spazi e servizi nell’avio superficie di Terni, in quanto l’A.D. di questa società Riccardo Paganelli risulta essere anche il presidente dell’associazione “The Zoo” che avrebbe firmato il patto “commerciale” (ma di scandalosa sostanza politica) con l’interfaccia “sportiva” di Casa Pound, “Istinto Rapace”.

Nel ribadire la storia ed il carattere antifascista della nostra Costituzione e della nostra città la Rete Antifascista Ternana, annuncia che -se tale iniziativa politica di entrismo dei fascisti di Casa Pound, miseramente mascherata da corso di paracadutismo non dovesse essere interrotta– si rinnova l’appuntamento per il presidio al’aviosuperficie domenica prossima e ogni volta che sarà prevista la presenza di organizzazioni neofasciste, sino alla completa inagibilità del nostro territorio per questi indecenti personaggi.

RAT
Rete Antifascista Ternana

Arci Terni, Arciragazzi "gli anni in tasca", Associazione "Buaba", Associazione "Demetra", Associazione "InterniStranieri", associazione "il Pettirosso", associazione "Plaza de Mayo", Associazione "primidellastrada", Blob Lgc.-Laboratorio comunicazione, comitato antifascista cittadino di Orvieto, Centro sociale "Germinal Cimarelli", circolo anarchico "Carlotta Orientale", Confederazione Cobas, Curva Est Ternana, Alerta Network, Rivista "Micropolis", USPK, F.G.C.I., Giovani Comunisti, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei comunisti Italiani, Sinistra ecologia e

libertà.


Il vivaio dell'estrema destra romana

Stefano Andrini, Gennaro Mokbel, Paolo Colosimo. Sono alcuni dei nomi finiti a vario titolo nell'inchiesta romana sul maxi-riciclaggio che hanno un denominatore comune: la frequentazione, con ruoli diversi e in epoche differenti, di pezzi della destra romana. Seguendo alcuni di questi profili si ripercorre così anche un tratto della storia politica della capitale che, a dispetto di sigle e contenitori nuovi, non è mai andata in soffitta: prima che il suo nome spuntasse dalle carte degli inquirenti romani, per esempio, Andrini era l'ad di Ama servizi, scelto per quella posizione tra mille polemiche dal sindaco Gianni Alemanno, ex segretario del Fronte della gioventù e dirigente dell'Msi prima e di An poi.

La biografia di Andrini è quella politicamente più interessante per seguire un filo che porti dai protagonisti degli anni 70 all'era contemporanea. Di Andrini è stato subito ricordato il suo esordio alle cronache: nel 1989 da giovanissimo skinhead, insieme al fratello gemello con cui condivideva la passione per la destra estrema, massacrò di botte al cinema Capranica a Roma due militanti di sinistra. Scappò all'estero e fu condannato ma la passione per le posizioni estreme non gli passò. Poco dopo è vicino a Maurizio Boccacci (compagno di scuola di Valerio Fioravanti) e al suo "Movimento politico occidentale", formazione neo-nazista sciolta nel '93 dalla legge Mancino. In seguito Andrini diventa il pupillo di uno dei più famosi e controversi esponenti della destra radicale, Stefano Delle Chiaie: il fondatore con Pino Rauti di Ordine nuovo che, dopo vari trascorsi giudiziari, tenta la rentrée nel '92 con la Lega nazionalpopolare, esperimento ispirato fin dal nome al partito di Bossi destinato all'insuccesso. Andrini è pronto a una nuova transizione: diventa collaboratore di Alleanza sportiva italiana, «ente di promozione sportiva» espressione dell'Msi-An. Dal Brasile, dove si è trasferito e lavora come imprenditore, collabora con la rivista del gruppo "Il Primato". Lo ritroviamo tra i promotori della campagna elettorale del senatore argentino Luigi Pallaro, eletto nella circoscrizione estero America meridionale. L'ora del suo rientro in Italia è arrivata. Nel 2009 Alemanno lo chiama nell'azienda di raccolta rifiuti della capitale.

Paolo Colosimo, avvocato romano di 55 anni con studio vicino al Policlino Umberto I, è un altro ponte tra personaggi romani di destra. Fino all'arresto dell'altro giorno era il difensore di Niccolò Accame, portavoce di Francesco Storace, travolto dallo scandalo Lazio gate. È il legale di riferimento di questa area politica: tra i suoi assistiti figura anche Boccacci.

Anche Gennaro Mokbel, imprenditore romano, 50 anni, incrocia altri protagonisti della destra capitolina. Quelli più violenti e destinati a finire presto in carcere. Su tutti Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, esponenti dei Nar. Nelle intercettazioni allegate all'inchiesta Mokbel sostiene di aver speso parecchi soldi («un milione e due») per far uscire dal carcere la "coppia nera". Circostanza negata ieri da Fioravanti che ha pure tracciato il ritratto da giovane di quello che il gip considera il "capo banda" nella truffa. «Un ragazzino sbandato, avvezzo alla violenza e alle droghe. Un capellone con idee anarchiche fino a 20 anni, poi estremista di destra, che si autodefiniva naziskin, un ragazzetto nato negli anni '60 nella zona di Piazza Bologna da una famiglia piccolo borghese, uno che militò nella "gioventù nera" romana» ha detto Fioravanti, condannato con la moglie all'ergastolo per la strage alla stazione di Bologna.

L'attentato del 1980 segna la fine di un altro capitolo della destra romana, Terza posizione, "frequentata" anche da Mokbel. Quattro anni prima alla fondazione del movimento avevano partecipato Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi e Giuseppe Dimitri. Il primo è il fondatore di Forza nuova. Adinolfi è invece oggi considerato "pensatore di riferimento" dell'area che gravita attorno a Casa Pound, il centro sociale di estrema destra con sede in un palazzo occupato a Roma al quartiere Esquilino guidato da Gianluca Iannone. Dimitri, invece, è morto nel 2006 in un incidente stradale: finito in carcere per banda armata, non si era mai iscritto all'Msi. Fu "recuperato" da An e divenne consigliere di Alemanno. Al suo funerale a Santa Maria della Consolazione, accorse l'intero popolo di destra, eccezionalmente riunito per lo stesso evento: dai ministri a Delle Chiaie. A Terza posizione apparteneva anche Marcello De Angelis, romano, classe 1960: uscito dal carcere nel 1989, fondò i "270 bis" (articolo del codice penale sulle associazioni con finalità di terrorismo), "gruppo di musica alternativa di destra". Oggi è un deputato del Pdl.

26 febbraio 2010

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/02/estrema-destra-romama-vivaio.shtml?uuid=78f07514-22e6-11df-8394-ca219c0f0fc1&DocRulesView=Libero

venerdì 26 febbraio 2010

FUORI CASAPOUND DA TERNI

Si scrive “Gruppo istinto rapace” ma si legge CPI, CasaPound Italia, “i fascisti del terzo millennio” per loro stessa definizione. E’ infatti attraverso una fantomatica associazione di paracadutisti, con cui molto “rapacemente” intendono accaparrarsi lo spazio PUBBLICO dell’aviosuperficie “A. Leonardi”, che anche Terni entra a far parte degli obiettivi strategici del movimento dell’estrema destra romana. Ufficialmente il 28 febbraio prende avvio la collaborazione tra CPI e “The zoo”, la scuola di paracadutismo di Riccardo Paganelli con sede a Terni, con l’obiettivo - si spiega in una nota - di rendere accessibile a tutti uno sport normalmente molto costoso” con una sorta di “prestito d’onore” – l’onore non poteva certo mancare – che permetterà di dilazionare il costo del corso, di circa 1300 euro, in rate mensili da 100 euro, di cui CasaPound si fa garante. Applausi!...“praticamente una rivoluzione” annuncia il rapace Fabrizio Croce, responsabile sport di CasaPound Italia, che oltre al vigore del corpo e all’onore (!) dell’animo si riferisce in realtà a ben altri benefici: politici, in una città storicamente antifascista.
Quella che vuol esser fatta passare come un’iniziativa sportiva è infatti, a tutti gli effetti, un’operazione politica perfettamente conforme alla strategia dell’ala fascio-movimentista nata a Roma nel 2003. L’azione nel sociale diventa il modo per allontanare la tetra ombra neofascista attraverso la costituzione di associazioni, cooperative e comitati che permettono di guadagnarsi le “coperture” con cui penetrare in alcuni quartieri delle città e farsi assegnare gratuitamente degli spazi in cui formalmente si erogano servizi alla cittadinanza. Sotto forma di associazione – e con la partecipazione ai vari bandi sociali e culturali di Comuni, Province, Regioni e Comunità Europea – per CPI è possibile infiltrare amministrazioni, dialogare più facilmente con i media e porsi come soggetti molto più “disinteressati” e “passionali”, lontani da una “politica delle poltrone”. Più facile allora sia recuperare consensi fra i giovani nauseati dalla politica istituzionale, sia sdoganarsi nei “piani alti” della politica e diventare interlocutori legittimi, come dimostra anche il caso ternano in cui viene messa a disposizione una “struttura pubblica” - come scritto nella Convenzione per la gestione dell’Aviosuperficie di Terni stipulata il 02-05-2007 tra il Comune di Terni e l’A.T.C. Spa - senza che quest’ultima, quale Ente affidatario, abbia risposto delle responsabilità in merito.
E’ evidente che il silenzio delle istituzioni è molto più eloquente di tante parole perché apre uno spazio di agibilità politica a questi soggetti, che di giorno giocano a fare i moderati e i democratici e di notte praticano il loro sport preferito: pestaggi a militanti, migranti e omosessuali, intimidazioni, irruzioni, spedizioni punitive con un armamentario di lame e bastoni (altro che paracadute!), nonché iniziative di propaganda contro i disabili, contro la società multirazziale e brindisi alla Shoah. D’altronde a forza di cantare “nel dubbio mena” (memorabile pezzo di Gianluca Iannone, che è anche dirigente nazionale di CPI) e di “esaltare il gesto violento, gratuito e sconsiderato”, come si legge nel loro manifesto del Turbodinamismo - tra l’altro copiato da cima a fondo dal manifesto del Futurismo - è evidente che l’elemento aggregante, per chi non dispone di altri mezzi, non può che essere la violenza. Lo stesso Iannone si è reso partecipe di diverse risse e pestaggi: è stato condannato a 10 mesi di prigione per aver picchiato nel dicembre 2001 dei ragazzi di sinistra in un locale di Sulmona e ad altri 4 anni per il pestaggio di un carabiniere a Predappio nel 2004, dove si trovava per onorare la morte del Duce. Nel 2006 si è presentato alle elezioni con Fiamma Tricolore, nel 2008 con La Destra di Storace; nel frattempo ha continuato a rilasciare dichiarazioni dove chiedeva la scarcerazione dei fascisti autori della Strage della stazione di Bologna nel 1980. Un bel personaggino, non c'è che dire.
Alle istituzioni ed al presidente dell’ATC che, tacitamente e bonariamente, pensano di offrire spazi a chi, come si legge sul sito www.casapound.org, "si propone di sviluppare in maniera organica un progetto ed una struttura politica nuova, che proietti nel futuro il patrimonio ideale ed umano che il Fascismo italiano ha costruito con immenso sacrificio", chiediamo di prendere una posizione chiara al riguardo e di assumersi la responsabilità della concessione di spazi PUBBLICI a tali soggetti, ricordando non solo gli attacchi squadristici che a sei anni dall’insediamento di Casa Pound Roma si sono susseguiti senza sosta (per chi ha breve memoria, bastano le immagini degli scontri di Piazza Navona del 29 ottobre 2008 – vedi foto) ma anche la XII disposizione transitoria finale di una sempre più vilipesa Carta Costituzionale in cui si afferma che: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».


29 ottobre 2008 – Piazza Navona: i “bravi ragazzi” di CasaPound aggrediscono,
bastoni tricolori alla mano, gli studenti che manifestano contro la riforma Gelmini.

Alle istituzioni ed al presidente dell’ATC, noi Antifasciste/i ternane/i, vogliamo chiarire che non siamo disposte/i a tollerare iniziative della suddetta feccia neofascista nella nostra città!

La Rete Antifascista Ternana risponde a questa indecente operazione politica autoconvocando per domenica 28 un presidio di contestazione, preceduto da una CONFERENZA STAMPA sabato 27 ore 11 presso la Siviera in via Carrara 2


DOMENICA 28 FEBBRAIO PRESIDIO ANTIFASCISTA -FUORI CASAPOUND DA TERNI- Appuntamento ore 11 all’aviosuperficie di Maratta




mercoledì 24 febbraio 2010

Rete Antifascista Ternana


COMUNICATO STAMPA

COMUNICATO STAMPA

LA RETE ANTIFASCISTA TERNANA CONTESTA IL RADUNO NEOFASCISTA ALL'AVIOSUPERFICIE DI TERNI ED ORGANIZZA UN PRESIDIO DEMOCRATICO DOMENICA 28 FEBBRAIO ALLE ORE 11.00

A seguito delle notizie uscite su internet ed in particolare sul sito nazionale della formazione neofascista Casapound, abbiamo appreso di una grave inizitiva politica, spacciata per evento sportivo, che si dovrebbe tenere Domenica 28 febbraio presso l'aviosuperficie del Comune di Terni: la formazione neofascista "casapound" ha organizzato un corso di paracadutismo tramite il gruppo sportivo "istinto rapace", sua diretta emanazione.
Tutto questo di fatto con il silenzio complice dell'A.T.C. che gestisce la struttura.

Nonostante l'opposizione subito attivatasi in una città come Terni, che ha una profonda e radicata tradizione antifascista e un'interrogazione al Consiglio Comunale, consideriamo le risposte dell'assessore allo sport Bartolini assolutamente insoddisfacenti e tese a negare l'evidenza dei fatti, cioè il carattere politico dell'iniziativa all’aviosuperfice.

Noi rispondiamo politicamente ad un'inizitiva di chiara connotazione fascista che si configura come un maldestro tentativo, sottovalutato dall'amministrazione comunale e di fatto appoggiato dall'ATC, di entrare nel territorio ternano da parte di gruppi che rivendicano "il patrimonio ideale e umano che il fascismo italiano ha costruito con immenso sacrificio".

Annunciamo la costituzione della Rete Antifascista Ternana, cui aderiscono associazioni, centri sociali, sindacati, partiti e decine di cittadini. Invitiamo tutti ad aderire.
La rete è stata promossa da:
Arci Terni, Arciragazzi "gli anni in tasca", Associazione "Buaba", Associazione "Demetra", Associazione "InterniStranieri", associazione "il Pettirosso", associazione "Plaza de Mayo", Associazione "primidellastrada", Blob Lgc.-Laboratorio comunicazione, comitato antifascista cittadino di Orvieto, Centro sociale "Germinal Cimarelli", circolo anarchico "Carlotta Orientale", Confederazione Cobas, Curva Est Ternana, Alerta Network, Rivista "Micropolis", USPK, Giovani Comunisti, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei comunisti Italiani, Sinistra ecologia e libertà.

Data la gravità e pericolosità politica dell’iniziativa e il moltiplicarsi, su internet, di appelli e appuntamenti da parte di gruppi fascisti per partecipare all’iniziativa a Terni, la Rete Antifascista Ternana chiede all’amministrazione comunale di impedire l'iniziativa parafascista di domenica 28 febbraio, per chiudere con chiarezza e definitivamente le disponibilità della comunità cittadina a qualsiasi gruppo e ad ogni iniziativa che si rifaccia al fascismo.
Si chiede un incontro con il sindaco per sapere qual è la posizione ufficiale dell'amministrazione comunale.
Indiciamo per sabato 27 alle ore 11 presso la siviera, in via Carrara 2 a Terni una conferenza stampa cui invitiamo gli organi di informazione ed i cittadini.
Organizziamo per domenica 28 febbraio dalle ore 11, all'entrata dell'aviosuperficie, un presidio democratico, per ribadire il carattere antifascista della nostra città, della Costituzione e la critica ferma di ogni forma di revisionismo storico e l'assoluta distanza e denuncia di coloro che pensano di aprire spazi politici ai neofascisti.
Invitiamo alla più estesa partecipazione cittadina.

Terni 24 febbraio 2010
Rete antifascista ternana

martedì 23 febbraio 2010

L'assessore Renato Bartolini risponde ad un'interrogazione su una presunta iniziativa di paracadutismo

(Direzione Generale/Uff. stampa) – “In merito ad un’interrogazione presentata oggi dal gruppo di Rifondazione Comunista e da Terni Oltre secondo la quale domenica 28 febbraio presso l’aviosuperficie di Terni si svolgerebbe una manifestazione nazionale connessa alle attività di paracadutismo organizzata da un’associazione romana para-fascista, è bene evidenziare che si tratta di una notizia destituita di ogni fondamento”. Lo dichiara l’assessore comunale allo sport Renato Bartolini . “Infatti – prosegue l’assessore - ad Atc Spa, azienda che da tempo si è dotata di apposito regolamento che norma lo svolgimento di manifestazioni e/o l’utilizzo di spazi di pertinenza dell’aviosuperficie, manifestazioni che non potrebbero comunque avere alcuna coloritura politica, non è giunta alcuna richiesta in tal senso, così come precisato dallo stesso presidente dell’Atc Sergio Sbarzella. Se vi fosse stata una richiesta di questo genere, è pertanto evidente che la stessa Azienda e l’amministrazione comunale non avrebbero potuto darle alcuna accoglienza”. “E' infine il caso di segnalare che la società Rotkopf spa, che su autorizzazione di ATC spa e di ENAC gestisce le attività del centro di paracadutismo e dei corsi di formazione per tutti quei privati cittadini che vogliano intraprendere quella particolare attività sportiva, ha fatto pervenire alla stessa Atc conferma circa il fatto che né per domenica 28 febbraio né per qualsiasi altra data sono previste, né sarebbero ritenute possibili, manifestazioni della natura paventata”.
“Ad ogni buon conto, è opportuno comunque segnalare che l'uso degli spazi in aviosuperficie riservati ai visitatori nei giorni di apertura, è sottoposto al più rigoroso rispetto delle norme contenute dal regolamento d'uso approvato dallo stesso consiglio comunale in concomitanza con l'avvio della gestione di ATC spa”.
“Da parte mia – conclude Bartolini - come assessore allo sport, a chiusura di questa vicenda vorrei solo aggiungere che, in generale, sarà mia premura e di questa amministrazione comunale far sì che lo sport e le manifestazioni sportive in città siano sempre occasione d’incontro, d’aggregazione e di socialità e che non sfocino mai in strumentalizzazioni”.

(GLD) - Ufficio Stampa


detto questo...

che senso hanno invece queste altre pagine trovate in internet?

http://www.ternimania.it/2010/02/zo...ni-e-ci.html

http://www.paracadutismoitalia.net/...tinto+rapace

http://www.vivamafarka.com/forum/in...pic=81325.75

Ora, due sono le cose: o l'assessore è male informato, o qualcuno sta giocando a prenderci per i fondelli.
Ai posteri l'ardua sentenza!

lunedì 15 febbraio 2010

L'Aquila - Forzata per protesta la zona rossa

Il 18 febbraio annunciata mobilitazione contro la protezione civile Spa
15 / 2 / 2010

Domenica 14 febbraio circa trecento cittadini aquilani hanno forzato per protesta uno dei posti di blocco che impediscono l'accesso alla cosiddetta zona rossa.( guarda i video)

I manifestanti hanno protestato con cartelli con scritto 'Io non ridevo' e 'Riprendiamoci la nostra città' dopo la divulgazione delle intercettazioni relative all'inchiesta fiorentina sugli appalti del G8.

Il prossimo 18 febbraio si tornerà in piazza contro Bertolaso e la sua Spa. In piazza a Roma e in assemblea alla Sapineza.
Saranno i giudici a sanzionare le responsabilità penali, individuali, in capo a imprenditori, funzionari della Protezione civile e a Guido Bertolaso. Ma le vicende venute a galla in questi giorni sbattono in faccia finalmente a tutti le storture e i danni che il sistema Bertolaso sta creando a L’Aquila e in tutto il paese e che cercano il loro naturale sbocco nella creazione di un Protezione civile Spa

Il comitato cittadino 3e32 ha costantemente denunciato a L’Aquila sin da Aprile una totale mancanza di trasparenza e quindi di partecipazione da parte delle popolazioni locali nel dopo terremoto. Per questo le parole ascoltate ieri dei veri sciacalli che al telefono se la ridono già la mattina del 6 Aprile purtroppo non ci hanno sorpresi. Ci sembrano corrispondere alla gestione dell’emergenza che abbiamo vissuto, basata sul controllo centrale, sulla creazione di disgregazione sociale, sull’opacità nella gestione di super-appalti in cui imprenditori senza scrupoli sono i primi ad inserirsi ed infine sull’annientamento delle procedure democratiche.

Noi lo diciamo da quel 15 Aprile in cui per la prima volta ci riunimmo come comitato e si creò lo slogan oggi più che mai attuale: FORTI E GENTILI SI, FESSI NO.

Ci spiace dover constatare così presto di aver avuto ragione come ci dispiace il silenzio e la sottomissione dimostrata dalle amministrazioni locali a riguardo, per tutto questo tempo.

Con la gestione di Guido Bertolaso la Protezione civile italiana è stata snaturata. Bertolaso ha abbandonato la previsione e prevenzione delle calamità naturali, come dimostrano le stragi ampiamente prevedibili di L’Aquila e Messina; ha messo in un angolo le componenti fondamentali della Protezione civile: volontari, vigili del fuoco, enti locali.

Per questo, ben prima degli scandali di cui parlano i giornali, Bertolaso si deve dimettere. E il governo deve abbandonare il proposito di far approvare il decreto sulla Protezione civile Spa. Contro questo provvedimento sono mobilitati sindacati, associazioni, partiti, movimenti e comitati che hanno sottoscritto l’appello di www.osservatoriocivile.org. E che il 18 febbraio, alle 10.00, saranno a piazza Montecitorio per dire no all’approvazione della Bertolaso Spa. Nella stessa giornata, alle 15,30, nella facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, si svolgerà un’assemblea di tutte le realtà che hanno sottoscritto l’appello.

venerdì 5 febbraio 2010

LA MEMORIA NON SI MANIPOLA. Ora e Sempre Antifascisti.

Con il suo I Giustizieri. 1944: la brigata ‘Gramsci’ tra Umbria e Lazio, Marcello Marcellini ha fatto parlare di sé, nel tentativo di attribuirsi, sulla scia di Giampaolo Pansa, ma ancor prima su quella di politici di sinistra come i Violante -che hanno ritenuto opportuno riabilitare i repubblichini di Salò- l’onere e l’onore di aver finalmente ristabilito anche in Umbria la “verità dei fatti” , contro la mistificazione ideologica filo resistenziale propugnata da una presunta “egemonia culturale della sinistra”.
Andando oltre gli slogan, oggi così remunerativi sul mercato editoriale, quella di Marcellini è in realtà un’operazione politica, storicamente inattendibile, che, come dimostra bene Marco Venanzi, dovrebbe essere respinta puntualmente nel merito e nel metodo storico, di cui invece Marcellini e tutti i suoi esegeti rivendicano un uso corretto e imparziale.
La sedicente indagine storiografica di Marcellini è, per dirla con Renato Covino, una sorta di “romanzo storico a tesi” , in cui alle ipotesi di ricerca si sostituiscono appunto tesi precostituite, per dimostrare le quali i fatti vengono decontestualizzati e le fonti accuratamente selezionate in funzione dell’assunto iniziale, cioè nel deliberato intento di dimostrare che i partigiani erano in realtà assassini, i quali approfittarono della situazione per compiere atti di criminalità comune. La lettura data da Marcellini è che le controrappresaglie partigiane avvenute tra Umbria e Lazio dall’11 marzo al 18 maggio 1944, non sarebbero altro che “delitti efferati e compiuti a sangue freddo con persone che venivano sequestrate di notte, in casa davanti a mogli e figli, trascinate fuori e uccise a bastonate e pugnalate. Spesso venivano evirate ai cadaveri venivano strappati gli occhi e non abbiamo prove che queste mutilazioni siano state effettuate dopo la morte”. Se non fosse per la dignità e la libertà duramente conquistata con la lotte e il sangue dei partigiani, si potrebbe consigliare a Marcellini di dedicarsi a tempo pieno al suo nuovo mestiere di scrittore e liquidare così il suo bieco uso strumentale della storiografia per un’altrettanto bieca riabilitazione del fascismo.
Tuttavia, solidali e complici con quanti hanno liberato le nostre terre dal fascismo assassino, ci sentiamo oggi di dover esprimere il nostro fermo rifiuto al revisionismo “rovescista”, che vorrebbe trasformare i carnefici in vittime.
Torniamo allora al merito e al metodo storico, rifacendoci alle prove documentate da Marco Venanzi nel suo L’onore della ‘Gramsci’ .Per quanto concerne il merito dei delitti in questione oltre a cruenti dettagli per sottolineare la “barbarie” partigiana, Marcellini ci dice poco; e quel poco che gli permette di ricostruire in modo unilaterale e de-contestualizzato la (sua) presunta verità. Ecco allora che dell’uccisione di Luigi Martinelli e Alberto Guadagnoli dell’11 marzo 1944, l’autore ignora, volutamente, alcuni antefatti imprescindibili, come la rappresaglia di Poggio Bustone, ordinata da Ermanno Di Marsciano che il giorno prima (il 10 marzo 1944) provocò 5 morti, numerosi feriti, incendi e saccheggi. In seguito, tra marzo e aprile – quando Poggio Bustone viene riconquistata, saccheggiata e messa a fuoco da tedeschi e fascisti con un bilancio di 11 persone fucilate, a cui si aggiungono i 18 morti di Morro Reatino (con Costantino Rossi chiuso e bruciato vivo in casa) – i rastrellamenti fascisti conteranno 51 morti a Leonessa, 15 a Rieti, 38 nella zona tra Narni, Otricoli e Calvi, 63 nel Nursino e nel Casciano, e, infine, 25 nella Valnerina, senza contare i deportati che sarebbero stati tra le varie zone almeno 350 . Un colpo feroce inferto alla brigata Gramsci che si decide a preparare una controrappresaglia. Sarà questa a colpire Maceo Carloni, aderente dal 1932 al Pnf e dirigente sindacale fascista, e Augusto Centofanti, ex squadrista un “fascista accanito”, nelle parole del commissario prefettizio (fascista) del paese Francesco Riccardi, la cui testimonianza non sembra interessare Marcellini. Piuttosto l’autore preferisce indugiare sui particolari macabri dell’uccisione, utilizzando solo i documenti che sostengono le tesi delle “sevizie” e omettendo quelli che le negano, come il referto del medico che dichiara di non poter accertare mutilazioni sul corpo di Centofanti, dato l’avanzato stato di decomposizione. Dopotutto, il macabro (o se si vuole, lo spettacolare) va per la maggiore, e chi scrive libri lo sa; come nota anche Mario Tosti, presidente dell’Isuc , quando parla di “trasformabilità della memoria e della storia in merce dell’industria culturale”. Anche nel caso di Giuseppe Contieri, finanziere di Macenano, Marcellini compie la stessa operazione fatta di omissioni ed enfatizzazione dell’esecuzione, tesa a dimostrare che anche quest’ultimo fu vittima della furia rancorosa di pochi partigiani contro presunte spie e delatori. In realtà numerose fonti ci indicano un’ostilità popolare diffusa verso la figura autoritaria del Contieri, ed inoltre dai documenti dell’indagine giudiziaria dei carabinieri emerge un’omertà assoluta tra i paesani, che fa molto verosimilmente ritenere che intorno a quella esecuzione vi fosse il consenso della popolazione. Marcellini, al contrario, si limita alla dichiarazione di Palmieri (capo dello spionaggio fascista) di non conoscere Contieri, omettendo le dichiarazioni di Silvio Santini, dirigente del Pnf poi diffidato dai partigiani, che invece Contieri lo conosceva bene perché era stato proprio lui a metterlo in guardia rispetto alle intenzioni dei partigiani. Lo stesso avviene per il caso dei quattro di Morro Reatino perché in questo caso la guerra civile ha spaccato in due la comunità e per i quali sarebbe necessaria una approfondita analisi storiografica effettuata con ben altri strumenti di quelli utilizzati da Marcellini.

Vi è un’altra questione di merito che va segnalata, e cioè l’ipotesi – piuttosto rocambolesca – con cui l’autore insinua che negli anni Cinquanta, in una fase di acuta repressione anticomunista, il Pci avrebbe condizionato la magistratura. Marcellini infatti utilizza come fonte di documentazione la cosiddetta storia giudiziaria (e la tradizione orale, purché compiacente) con l’obiettivo, tutt’altro che sottaciuto, di denunciare il non luogo a procedere nei confronti dei reati ascritti ai partigiani che, subito dopo la guerra, vennero ritenuti oggetto di amnistia in quanto considerate “azioni di guerra o di lotta contro il fascismo”.
Un elemento, questo, che ci permette di avanzare un’obiezione anche riguardo al metodo di indagine storica, e cioè: il ricorso alle sole carte processuali e a frammenti di storia orale può essere in quanto tale (e quindi indipendentemente da un giudizio di valore) una documentazione scientificamente sufficiente se non comprovata da altre fonti?
Su questo e su molto altro si potrebbe puntualizzare, ma in fondo quello che ci interessa di queste storielle (o meglio, storiacce) è il loro intento politico – l’altra faccia dell’attendibilità storiografica – e cioè le motivazioni revisioniste di una storia che, in realtà, è stata già scritta dal sangue di chi ha combattuto e creduto nella Resistenza.

Abbiamo sempre criticato la monumentalizzazione e le reticenze connesse alla storia della resistenza. Siamo d’accordo con Claudio Pavone quando afferma che“nella Resistenza italiana, come del resto in quella di altri paesi, convivono in vario modo e variamente intrecciati tre aspetti: uno patriottico, rivolto contro il tedesco invasore; uno rivolto contro i fascisti e i collaborazionisti di casa propria; uno rivolto, da parte di ampi settori della classe operaia, contro il padronato” . Sappiamo inoltre che nella lotta partigiana si andarono coagulando e mescolando mai sopiti conflitti rurali, nuove rivendicazioni operaie, criminalità comune, rancori interfamiliari, questioni personali, contrasti ideologici e manovre politiche che sarebbe antistorico definire estranei alla Resistenza.
Ma a chi, come Marcellini “si propone una omologazione delle parti non è difficile reperire episodi apparentemente rivelatori di una logica identica per entrambi i contendenti, (anche se è chiaro, dai giudizi di valore o dall’asetticità con cui riassume le stragi nazifasciste da che parte l’autore dei Giustizieri si schiera). Simili rivisitazioni hanno come presupposto e come effetto l'azzeramento del tempo storico, la rimozione o l'occultamento della sostanza di un approccio alla realtà che si pretenda storico, cioè almeno una corretta sistemazione dei fatti lungo un asse cronologico -stabilire il prima, il durante e il dopo-; e, di conseguenza, anche l'azzeramento dei molteplici nessi causali che solo la storicizzazione rende possibili”
Infatti “la lotta partigiana fu, a tutti gli effetti, una guerra nella guerra per cui appare chiaro il carattere pretestuoso di una certa storiografia che, dopo oltre mezzo secolo, continua a speculare sul carattere violento della medesima; il problema però è, ancora una volta, che tale violenza rimane illeggibile senza un'analisi e un inquadramento storici, prestandosi quindi alle interpretazioni strumentali che hanno per scopo non tanto quello di dimostrare che i partigiani fecero ricorso alla violenza, quanto quello di pervenire all'equazione per cui la "sinistra" è portatrice di violenza, tanto più inumana in quanto commessa contro dei "fratelli" e quindi esecrabile come fu quella di Caino”. E’ altrettanto fuori discussione che l'esercizio della violenza e il progressivo dilagare di forme di crudeltà inusuali e irrazionali fu stabilito in primo luogo da scelte strategiche e dalla prassi adottata dalle truppe di occupazione germaniche e dei loro alleati repubblichini, venendo quindi a predeterminare il livello di violenza dello scontro, si pensi soltanto all'infame rapporto di 1 a 10 applicato per le rappresaglie, ma anche all'analoga logica d'annientamento applicata dai nazisti in tutta l'Europa occupata o ai casi specifici della rappresaglia nazifascista sopra riportati.
Come afferma Sandro Portelli "i partigiani e la sinistra hanno parlato a lungo, non senza giustezza e non senza retorica, del sacrificio dei partigiani che hanno dato la vita per la libertà, ma molto meno del fatto che i partigiani a loro volta hanno sparato, hanno ucciso, hanno, insomma, fatto la guerra, e che in guerra ci sono le vittime anche dall'altra parte. Non solo: ma che in guerra la morale sfuma, che errori e ambiguità ci possono essere anche dalla parte di chi ha ragione. Siccome noi abbiamo negato tutto questo, adesso a ogni ambiguità, a ogni ombra, il senso comune revisionista nega tutta la Resistenza"
Ecco è proprio questo il punto rispetto al libro di Marcellini: l’uso strumentale, decontestualizzato e politico di eventi e memoria. Un’operazione non certamente storica, scientifica ma politica, come ben dimostra la sponsorizzazione, per usi elettorali, del P.D.L. del libro.
Siamo tutti figli di questa storia, l’“altra” la lasciamo ai nostalgici delle squadracce e agli adulatori di vecchie e nuove dittature.


GLI ANTIFASCISTI TERNANI

giovedì 4 febbraio 2010

TERNI RIPUDIA LA LEGA

Si avvicinano le elezioni regionali ed ecco puntuali le provocazioni della Lega Nord, un partito che in questi ultimi anni è cresciuto in maniera preoccupante in Italia, spargendo a piene mani nella nostra società razzismo, odio e xenofobia: ricordiamo, solo per dare l’idea del tipo di gente di cui stiamo parlando, le “gesta” di Borghezio e dei suoi scagnozzi che al grido di “forza, andiamo a ripulire le puttane” salivano su treni Intercity alla ricerca di ragazze di colore su cui spruzzare del detergente per vetri; ricordiamo anche che nel 1976 lo stesso Borghezio -ancora oggi tra i personaggi di primo piano della Lega Nord- fermato dalle autorità a un valico di confine presso Ventimiglia, era stato trovato in possesso di una cartolina firmata "Ordine Nuovo" ed indirizzata "al bastardo Luciano Violante" (magistrato allora impegnato in inchieste contro l'eversione di matrice neofascista). Il testo del messaggio, accompagnato da alcune svastiche e da un "Viva Hitler", era il seguente: "1, 10, 100, 1000 Occorsio". Vittorio Occorsio, anch'egli giudice protagonista della lotta contro il terrorismo nero, era stato ucciso appena due giorni prima in un agguato; ricordiamo le “gesta” dell’ex sindaco leghista di Rovato, Roberto Manenti, condannato a 6 anni e 8 mesi di carcere per violenza sessuale di gruppo su una 19enne prostituta romena; ricordiamo le parole dell’ex vicesindaco leghista di Treviso, Giancarlo Gentilini, che dal palco della festa dei popoli di Venezia dichiarava: “voglio eliminare tutti i bambini rom, che vanno a rubare agli anziani”; ricordiamo anche che il leader del carroccio, Umberto Bossi, che meno di due anni fa minacciava “prenderemo i fucili, se necessario, contro la canaglia romana” è stato condannato a 8 mesi definitivi per finanziamento illecito (maxitangente Enimont)… potremmo continuare…

E’ questa la gente che oggi, guidata dal trasformista Gianluca Procaccini (candidato a sindaco di Terni con il partito La Destra alle ultime elezioni, proveniente dal neofascista MSI ed oggi esponente ternano della Lega Nord) e da Gianluca Cannas (coordinatore provinciale del Movimento Giovani Padani), sta tentando di diffondere i sentimenti leghisti di odio e di razzismo nella nostra città. Ma Terni è una città civile, operaia, antifascista, che ha saputo integrarsi e convivere nel rispetto reciproco con le comunità di immigrati che la vivono; è una città che non capisce ed orgogliosamente ripudia il linguaggio e le azioni razziste della Lega Nord. E’ per questo che a Procaccini e ai suoi scagnozzi non rimane che una sola arma per raccogliere qualche voto alle prossime elezioni: la provocazione. E’ così che questi individui, nel tentativo di far notizia, hanno organizzato, la sera di giovedì 28 gennaio, un presidio contro la prostituzione nel piazzale antistante lo stadio “Libero Liberati”. Ma i cittadini ternani non possono tollerare presidi razzisti nella propria città: ed ecco così che i 7-8 leghisti partecipanti al presidio (il numero è indice dello stato di isolamento in cui tali soggetti operano) hanno trovato ad attenderli oltre settanta cittadini ternani, che in poche ore hanno organizzato un contro-presidio antirazzista.

E’ questa la reazione di una città che ha ben chiaro che la martellante campagna mediatica messa in atto da questo governo razzista vuole rivolgere la rabbia dei cittadini, privati del lavoro a causa di un sistema capitalistico che impone la precarietà, verso gli immigrati, fomentando una guerra tra poveri; è questa la reazione di una città che ha ben chiaro che il fenomeno della prostituzione non si combatte con i presidi che hanno il solo scopo di cacciare le prostitute, vittime dello sfruttamento malavitoso, potere forte oggi in Italia, contro cui i leghisti non hanno mai organizzato un presidio perché loro interesse è solo quello di cavalcare l’odio verso l’immigrato e la paura del diverso. Sono questi sentimenti che la Lega sta fomentando, ma che non troveranno spazio nella nostra città!

E’ di fronte al fallimento del loro presidio che i leghisti, ripudiati da una città che non li vuole e che li vede come una minaccia alla convivenza pacifica finora vissuta con gli immigrati, decidono di abbandonare il piazzale antistante lo stadio, coperti dagli insulti che meritano. Ma la sete di voti di tali soggetti è tale che decidono di recarsi ai giornali e denunciare aggressioni mai avvenute, nell’estremo tentativo di raccogliere le simpatie di qualche sprovveduto elettore: ed è così che sui giornali locali del 31 gennaio Gianluca Cannas parla di una vera e propria aggressione “a spintoni, schiaffi e calci” che avrebbe anche portato al “danneggiamento di alcune autovetture”. “Giovani Padani aggrediti e cacciati via dal sit-in” titolava La Nazione, che parlava di “veri e propri atti di violenza”; “Tafferugli ai mercati generali” titolava invece il Corriere dell’Umbria, che parlava inoltre di “un tuffo improvviso e inaspettato nell’atmosfera cupa degli anni ‘70”, ma a noi questi razzisti sedicenti padani ricordano più la plumbea atmosfera del ventennio e delle fasciste leggi razziali del 1938.

E’ importante ribadire che tutto ciò è falso: i fatti si commentano da soli. Immaginate 7-8 persone aggredite “a spintoni, schiaffi e calci” con “veri e propri atti di violenza” da oltre settanta “violenti” che si sarebbero prodotti in “tafferugli” e nel “danneggiamento di alcune autovetture”? Considerando che i “Giovani” Padani (solo 3 avranno avuto 30 anni, gli altri erano o vicini o ben oltre la pensione…) sono rimasti sul posto per oltre un’ora, avrebbero dovuto riportare ferite spaventose!!! Come mai, invece, non è intervenuta sul posto nemmeno un’ambulanza? Dove sono i referti medici che documentano questa “aggressione ad opera di oltre settanta violenti”?

Un ulteriore caso di vigliaccheria di quelli che sono forti con i deboli e fanno i deboli con i forti, di quei razzisti che vista la risposta della città, da “celoduristi” ora squittiscono e fanno le vittime. D’altronde, a chi non ha argomenti, non resta altro da fare. Grave è che la stampa locale si pieghi a questo gioco, fatto sulla pelle dei migranti e degli “ultimi del mondo”. Gli Antifascisti Ternani

Berlusconi: Israele, I love you!


Israele? "La più grande democrazia del medioriente"
L'ingresso in Europa, "il mio più grande sogno!"
L'attacco a Gaza? "Una giusta reazione!"


Dopo le stoccatine presto archiviate di due giorni fa contro l'inadeguatezza (tattica) delle colonie, Berlusconi non perde tempo a riconfermarsi come quel "grande amico d'Israele" che in fondo è sempre stato e di cui la stessa Israele in fondo non ha mai dubitato, come confermano le parole d'apprezzamento di Nethanyau ("campione di pace, sicurezza e libertà") pronunciate proprio a ridosso delle osservazioni improvvide del Cavaliere nella sua giornata d'esordio alla visita di Stato. Del resto, gli israeliani lo sanno bene, la fedeltà di Berlusconi al progetto sionista è fuori discussione: felicemente prostrato da sempre a superiori (e indiscutibili) assetti internazionali, Berlusconi è un alleato, per così dire, "naturale" dell'entità sionista.

E dunque, da ospite che fa onore alla casa ospitante, il presidente ha fatto oggi la sua parte, rendendo gli onori dovuti. Così, a suggello di una visita ufficiale di Stato che tra gli altri ha avuto anche lo scopo di rinsaldare lo speciale accordo militare tra i due stati (un unicum in tutta Europa), Berlusconi si è lanciato in una vera e propria dichiarazione d'amore per Israele. E tutti sanno che quando si tratta di spararle grosse Silvio non ha uguali.

"Israele? E' il più grande esempio di democrazia e di libertà nel Medio Oriente, se non l'unico esempio." Questo ha detto oggi al Parlamento Israeliano. Durante il suo discorso di fronte alla Knesset il presidente del consiglio italiano ha tenuto inoltre a precisare, con orgoglio, che l'Italia non ha mai accettato le conclusioni del rapporto Goldstone, Israele ha diritto di esistere come stato ebraico e l'Italia si oppose al rapporto Goldstone dell'Onu perché Israele dispiegò una giusta reazione ai missili di Hamas da Gaza e all'ondata terroristica della seconda intifada".
"E' stata una giusta reazione". Questo il commento di Silvio Berlusconi nei confronti dell'attacco israeliano su Gaza.

Irrefrenabile Silvio Berlusconi, senza ritegno nello schierarsi sempre e comunque dalla parte del più forte. Non una parola, infatti, è arrivata dal premier sulle enormi sofferenze che Israele continua a combinare ai danni di milioni di palestinesi.
Tanto per rinfrescare la memoria e ricordare qualche cifra: l'operazione "Piombo Fuso" - protrattasi dal 27 dicembre 2008 al 17 gennaio 2009 - è costata la vita a 1400 persone, di cui oltre 900 erano civili. I bambini uccisi furono 320. Oltre 5.000 i feriti. Fra gli Israeliani 13 le vittime, 4 civili e 9 militari, 4 di questi per fuoco amico.
Berlsuconi è al corrente del massacro compiuto da questa "grande democrazia"?

lunedì 1 febbraio 2010

Incendiato e distrutto il presidio di Bruzolo


Ieri sera verso le 22.30 è stato incendiato e completamente distrutto il presidio di Bruzolo.

L'operazione è andata in porto dopo altri due tentativi pregressi: 3 settimane fa con l'incendio domato in tempo ma con struttura danneggiata, e sabato notte lasciando anche una bombola del gas aperta vicino al fuoco. Nel frattempo la settimana scorsa, nella notte della manifestazione dei 40.000 no tav di Susa era andato distrutto il presidio di Borgone. Da ieri invece il presidio è stato distrutto completamente. In tutto questo report d'infamità vi è da annotare anche l'imbrattamento di alcuni cippi partigiani con scritte “sì tav” a Caprie. La mano di tali atti è chiaramente sconosciuta ma è chiaro che in piedi ci sia un attacco nei confronti del movimento no tav che trova humus fertile in chi ogni giorno imbastisce una campagna continua e martellante che mira a delegittimarlo e indebolirlo. Forse laddove non arrivano le vittorie politiche della lobby del Tav arrivano gli atti intimidatori di chi compone la lobby o forse di chi si sente legittimato ad appoggiarla esternamente? Non lo sappiamo, ma non abbiamo paura.

La campagna di boicottaggio di chi lavora per il tav viene additata come persecuzione e i politici si sentono in dovere di dimostrare la loro solidarietà alla Geo.mont che abbiamo indicato come traditrice della valle. nessuno però degli stessi ha sprecato una parola per condannare gli attentati nei confronti del movimento no tav.

A ciascuno il suo , risponderemo a tutti, la paura non abita in Val di Susa
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Offese razziste a due ragazzi il presidente ritira la squadra

In una partita del campionato di seconda categoria a Terni pubblico e avversari offendono due giocatori di origine nigeriana: l'arbitro non interviene e a dieci minuti dalla fine la squadra del Casteltodino esce dal campo

di MASSIMO NORRITO

Questa volta non si parla della curva della grande squadra, del grande stadio e del grande campione. Questa volta si parla di un campetto di periferia, di un campionato di seconda categoria e di giocatori dilettanti.
Ma l'episodio di razzismo è altrettanto odioso e sconcertante. Insulti, e il solito, tristissimo, "sporco negro" nei confronti di un ragazzo di diciannove anni, italianissimo, ma di colore.
Insomma, una storia che somiglia tantissimo a quelle che ogni domenica accompagnano le partite di Balotelli nell'Inter. Per una volta però la partita è stata sospesa. Non dall'arbitro ma i dirigenti della squadra del ragazzo di origine nigeriana che hanno deciso di dire basta e, visto che nessuno interveniva, sono tornati negli spogliatoi quando mancavano dieci minuti alla fine.
Tutto accade a Terni. Campionato di seconda categoria. Girone E. Si affrontano il Bosico e il Casteltodino. Nel Casteltodino giocano due fratelli di colore di 25 e 19 anni, Emeka e Narciso Egwu. Due ragazzi che vivono da sempre a Casteltodino, che sono amati e rispettati dai 1300 abitanti del paesino in provincia di Terni. Due ragazzi sensibili che hanno perso anche il padre che dalla Nigeria era emigrato in Italia. Partita tranquillissima sino a quando, dopo un normale contrasto di gioco, un giocatore del Bosico di 37 anni si rivolge al diciannovenne del Casteltodino chiamandolo sporco negro.
L'episodio avviene nell'indifferenza di tutti. Del pubblico, dei dirigenti avversari, degli altri giocatori, dello stesso arbitro che dice di non aver sentito nulla. Indifferenza alla quale dicono no i diligenti del Casteltodino che a quel punto decidono di ritirare la squadra e abbandonare il campo.

"E' l'unico modo per farci sentire e per denunciare quanto accaduto - dice Maurizio Venturi presidente del Casteltodino - Siamo stanchi. Danno tutti addosso a questi ragazzi che sono più italiani di quelli che li insultano. Siamo stanchi. Su dieci partite sono già quattro volte che capitano di queste cose".
In effetti è vero. Non è la prima volta che i due ragazzi di colore del Casteltodino sono nel mirino dei razzisti. La cosa più clamorosa che in uno di questi casi, secondo il racconto del presidente Venturi, a dare dello sporco nero a uno dei suoi giocatori sarebbe stato addirittura l'arbitro.
"So bene che la nostra denuncia porterà adesso a una indagine federale - dice Venturi - ma siamo sereni e soprattutto siamo sicuri di agire nel bene. Non c'interessa che la partita venga rigiocata o che venga cambiato il risultato del campo (il Casteltodino perdeva 1 a 0). Vogliamo solo che la gente sappia che certi episodi non capitano solo ai grandi campioni e che c'è un ragazzo di diciannove anni che non vuole più giocare a calcio perché in campo gli gridano sporco negro".
(31 gennaio 2010)

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