venerdì 12 giugno 2009

MA QUALE CROCEFISSO: PARLIAMO DI POTERE, DI PRIVILEGI E DI TANTI, TROPPI SOLDI. …

“non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù

nel cielo né di ciò che è quaggiù nella terra,

né di ciò che è nelle acque sotto la terra.

Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai”.

Leggiamo con attenzione l’intervento del prete cattolico Gianni Colasanti sul nostro documento “Attacco ai diritti fondamentali e alla laicità dello Stato in solidarietà alla battaglia civile di un insegnante di Terni che sta cercando di affermare alcuni principi costituzionali che riteniamo fondamentali quali la laicità dello stato, l’uguaglianza dei diritti e la libertà di insegnamento.

Il sacerdote, direttore di una scuola privata, ci sembra cadere in una profonda contraddizione quando accusa il centro sociale Germinal Cimarelli di fare “un gran polverone, un pout-pourri di tutto e di più” evitando così accuratamente di entrare in media res, cioè di rispondere, con argomentazioni chiare ed evidenti, all’articolazione del nostro discorso sulla laicità dello Stato e delle scuole pubbliche.

Diciamo che ci sembra a corto di argomenti o confonde la scuola pubblica con la scuola confessionale che riceve dallo Stato milioni di euro ogni anno in barba all’articolo 33 della Costituzione :“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” – e alla faccia della scuola pubblica che subisce tagli pesanti e indiscriminati che ne stanno minando l’esistenza: “solo” nel prossimo anno scolastico saranno 60.000 gli insegnanti e gli ATA (personale tecnico e amministrativo) che perderanno il posto di lavoro.

La Costituzione in Italia non ha grossa frequentazione da parte del clero, essendo questo emanazione dello stato Vaticano: uno degli stati meno democratici, più sessisti e teocratici che c’è al mondo. Uno Stato che con i Patti Lateranensi del 1929 costruì un patto d’acciaio tra la chiesa cattolica ed iI fascismo. Il concordato dell’11 febbraio del 1929 assicurava alla chiesa cattolica l’esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate, il pagamento di «750 milioni di lire (pari a circa 3 miliardi di euro attuali) e di ulteriori titoli di Stato per un valore nominale di un miliardo di lire (pari a circa 4 miliardi di euro attuali)». Ma l’appoggio della chiesa cattolica al fascismo garantì al Vaticano il fatto che il cattolicesimo fu imposto come religione di Stato e che venisse istituito, nelle scuole pubbliche, l’insegnamento della religione cattolica.

Sono passati oltre 60 anni dalla fine della dittatura fascista, ma la parte più reazionaria del clero ancora ne rivendica i privilegi. In barba alla costituzione repubblicana e ai diritti formulati nella Conferenza Europea dei Diritti dell’Uomo e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Cerchiamo allora, dopo la necessaria contestualizzazione, di rispondere in maniera chiara ed evidente a colui che si professa direttore di un istituto scolastico confessionale, ricordandogli che un centro sociale è un soggetto politico e non un insegnante.

La presenza nei luoghi pubblici (cioè di tutti) di un unico simbolo di una religione particolare, cioè il crocifisso, che nello specifico non è simbolo neanche di tutti i cristiani ma solo dei cattolici, è un atto di profonda discriminazione che si basa sul nostro passato fascista. Un passato che per molti non passa…

Imporre il simbolo del crocefisso ci sembra in contrasto a quella visione conciliare della chiesa che si apriva al moderno, affermata con il concilio vaticano II da Giovanni XXIII. Ma ci sembra in contrasto soprattutto col messaggio di Cristo, che era un messaggio rivolto agli ultimi, e gli ultimi non sono certo quelle presunte maggioranze (cattoliche) che vorrebbero imporre i loro simboli occupando lo spazio ed i luoghi pubblici calpestando i principi democratici che nascono proprio per evitare le dittature della maggioranze e per garantire la tutela delle minoranze. Diciamo presunta maggioranza cattolica perché, come risulta da un questionario somministrato nel liceo Righi di Cesena alla richiesta di scegliere tra religione cattolica o altri insegnamenti non confessionali riguardanti la storia delle religioni o i diritti, gli studenti che avrebbero continuato a frequentare il catechismo a scuola sarebbero stati solo l’11%. Diciamo tra l’altro, che l’aver proposto questo questionario al collegio docenti, che ha approvato la proposta dell’insegnante di istituire materie alternative alla religione cattolica, ha comportato la sospensione dal servizio e dallo stipendio per due mesi al professor Alberto Marani, cui va la nostra completa e totale solidarietà. Ricordiamo al direttore Colasanti che anche il prof. Franco Coppoli è stato sospeso per un mese per aver reso laiche, inclusive e non discriminanti le aule scolastiche durante le sue lezioni. Questo non ci sembra un bell’esempio di libertà di espressione e di pensiero, ma l’imposizione di un simboli con il solo argomento della forza e della prepotenza date dalla difesa di privilegi.

Continuiamo a rispondere dicendo che il problema non riguarda i simboli in sé, che Colasanti elenca, ma il fatto che solo uno di quei simboli –il crocifisso- sia presente nelle aule scolastiche in maniera coattiva, impositiva, intimidatoria e discriminante per chi non crede o professa altri fedi. Per cui nessuno nega di discuterli, usarli o criticarli, qui il tema è quello dell’esposizione esclusiva di un unico simbolo nei luoghi pubblici. Il giudice Tosti, cui è stata riconosciuta ragione dopo mesi e mesi di inaccettabile sospensione dal servizio, chiedeva per esempio di esporre accanto al crocefisso un simbolo della religione ebraica, la Menorah, ma questo non è stato ritenuto possibile, perché nel nostro paese, nelle dotte discussioni, tutti i simboli sono uguali, ma, quando si tratta di scuole o luoghi pubblici, ce ne sono alcuni più uguali degli altri.

Concludiamo con una domanda. Nella Bibbia, Esodo 20:4 è scritto: “non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù nella terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai”. Ci chiediamo il perché di questa battaglia idolatrica di alcuni integralisti cattolici. Il perché di questo puntare i piedi su qualcosa che in tutta Europa è considerata una discriminazione. Il perché di questo voler imporre il proprio simbolo per motivi identitari ed escludenti l’altro. Il volersi opporre ad una realtà complessa e multietnica. Il non capire il rischio di esclusione o di subordinazione presenti nell’ostentazione nei contesti educativi di un simbolo particolare. La risposta, secondo noi, è politica e sta tutta nell’enorme carica di privilegi e fondi che la chiesa cattolica, alla faccia del messaggio di Cristo, ha accumulato dal 1929 ad oggi in Italia. Privilegi che sono duri a morire e che oggi vedono la chiesa cattolica costare ogni anno allo Stato più di tutta la casta politica e più della finanziaria. Come ci ricorda Curzio Maltese, in un interessantissimo libro di inchiesta: La Questua. Quanto costa la Chiesa agli italiani, edito da Feltrinelli nel 2008 “E’ stimato che la chiesa cattolica costa ogni anno ai contribuenti italiani una cifra vicina ai 4 miliardi e mezzo di euro[1] tra finanziamenti diretti dello Stato e mancato gettito fiscale. La prima voce comprende il miliardo di euro dell’8 per mille, i 950 milioni per gli stipendi dei 22.000 insegnanti dell’ora di religione (“Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire” nell’opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed Enti locali per le convenzioni suscuola e sanità”.

Forse allora abbiamo capito: non si tratta di etica, morale, simboli o teologia, qui si sta discutendo di potere, di privilegi e di economia. Cioè di soldi, tanti , troppi soldi che ogni anno versiamo al Vaticano. Se Ia popolazione italiana al 31 dicembre 2004 era composta da 58.462.375 persone, ogni anno ognuno di noi (compresi neonati ed ultracentenari, buddisti ed atei) versa direttamente oltre 100 euro alla chiesa cattolica. Non ci sembra né poco né decente, né soprattutto volontario, come dovrebbe essere. E’ questo il vero scandalo su cui dovremmo discutere…

Centro sociale Germinal Cimarelli - Terni

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