mercoledì 13 ottobre 2010

Italia-Serbia, ennesimo flop del sistema-controllo


Diciassette fermati, trentacinque denunciati, e altre centinaia di persone in via di identificazione: questo il bilancio della serata di scontri che ha tenuto in scacco per ore il servizio di sicurezza predisposto dal ministro Maroni, dimostrando di fatto in Eurovisione l'inutilità del meccanismo preventivo italiano, che da tanti anni ormai viene testato sui tifosi, e che è culminato con l'introduzione della tessera del tifoso.
I tifosi serbi, che dal loro arrivo hanno cercato lo scontro con le forze dell'ordine, sono stati poi incanalati dentro il settorino a loro riservato all'interno dello stadio Marassi, dal quale hanno fatto partire lanci di petardi e fumogeni alla volta del campo.
La partita per la qualificazione ad Euro 2012, iniziata con circa 40 minuti di ritardo, è poi stata sospesa pochi minuti dopo, per essere vinta a tavolino 3-0 dalla nazionale italiana.

Ennesima figuraccia, dunque, per il sistema-controllo tanto sbandierato e pubblicizzato da Maroni e dal governo: gli ultras nazionalisti sbarcati a Genova sono gli stessi che solo pochi giorni fa hanno contestato il Gay Pride di Belgrado, scontrandosi per ore con la polizia e mettendo a ferro e fuoco la città, la rivalità tra le squadre slave e quella azzurra hanno in più occasioni prestato il fianco a episodi di carattere nazionalista (vedi Trieste 2002, Sofia 2008, la svastica umana di Livorno etc..), ma soprattutto, i serbi non hanno evidentemente dimenticato la partecipazione italiana nel bombardamento di Belgrado e la posizione assunta nella vicenda Kosovo.

Possibile che ministro e osservatorio, tanto attenti a reprimere qualsiasi iniziativa degli ultras italiani, e tanto preoccupati di far passare messaggi di entusiatica adesione alla tessera del tifoso, si siano semplicemente scordati di tutto questo?

E' difficile dire che tutto va bene, sostenere che le tue regole sono giuste e redditizie, che gli ultras italiani sono tutti delinquenti, quando basta un energumeno incappucciato con un paio di pinze in mano a scardinare la montagna di pressappochismo, menzogne e ipocrisie che voi chiamate ordine. - [Domenico Mungo per Tifonet]

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