martedì 15 febbraio 2011

Il cappello di Obama sull'Egitto

obama-superObama si è affrettato a mettere il cappello dell'America sulla rivoluzione egiziana. Si è rifornito di tutti gli aggettivi del repertorio della retorica per fare capire quanto è vicino al popolo egiziano ed ai valori che lo hanno spinto ad assediare per quasi tre settimane il Faraone e costringerlo alla abdicazione, alla fuga dalla Capitale. Ma, nonostante l'appoggio all'unisono di tutta la batteria massmediatica dell'Occidente che sta montando la menzogna della rivoluzione egiziana come un successo di Obama, la sua performarce non riesce convincente. Il fermento rivoluzionario dei paesi alleati degli USA nel Nord Africa lo ha colto di sorpresa. Bel Alì e Mubarak da trenta lunghissimi anni hanno fruito dell'appoggio incondizionato e dei finanziamenti dell'Occidente. Questo appoggio è stato evidente fino a ieri e addirittura nel corso stesso della crisi. I blocchi sociali, gli establishement, le forze armate della Tunisia e dell'Egitto sono stati e sono tuttora profondamente integrati con le dirigenze degli USA e dell'Europa. Fittissimi rapporti d'affari e sociali intrecciano i ricconi di questi paesi con le banche e le borghesie dell'Occidente. I rampolli dei detentori del potere egiziano o tunisino studiano nelle più prestigiose Università USA o inglesi. L'Occidente non ha influenzato con le sue idee la rivoluzione in corso. Ha tentato diverse volte di usare la rivendicazione dei diritti civili nei confronti dell'Iran per rovesciarne il regime che, rispetto quello egiziano e tunisino, è fatto di persone oneste che non hanno sottratto miliardi di dollari ai loro popoli. L'Iran ha un servizio sanitario nazionale e un welfare tra i migliori del mondo e certamente superiore a quello americano. Gli iraniani non vivono con due dollari al giorno come la maggioranza degli ottanta milioni di egiziani.

Gli USA e l'Occidente non hanno mai sollevato in questi trenta anni la questione della libertà e della democrazia in Egitto ed in Tunisia e continuano a non sollevarla nei confronti del regime feudatario e carcerario dell'Arabia Saudita. Tutte le loro attenzioni sono state dedicate all'abbattimento di Ahmadinjed, a Sakineh, a criminalizzare Hamas, ad esaltare i valori della "unica democrazia" del Medio Oriente, Israele, che è un regime nazi-sionista che pratica da sempre il terrorismo di Stato e l'omicidio "preventivo" come normale ed usuale comportamento per decapitare i palestinesi della loro classe dirigente.
Il Faraone è caduto non solo per la tirannia oppressiva verso il suo popolo e per la quale dovrebbe essere processato, ma anche per la sua complicità con la politica israeliana di segregazione e distruzione della nazione palestinese. La pace Israele-Egitto che era nata come fattore positivo di stabilità della Regione é diventata complicità nella repressione del popolo palestinese. Non mi riferisco soltanto al muro di acciaio che l'Egitto sta costruendo per carcerare la popolazione di Gaza, ma anche all'appoggio a tutte le scelte della escalation israeliana. Appoggio che va dalla moltiplicazione delle colonizzazioni alla pretesa di fare di Gerusalemme città soltanto degli ebrei e per gli ebrei,
al terribile silenzio osservato per i bombardamenti di Gaza e per l'invasione del Libano.
Il popolo egiziano è insorto contro la ingiustizia del suo stato di semiprigionia e di sospensione dei diritti ma anche per la crescente tragedia dei palestinesi diventati sagome per il tiro a segno dei cecchini israeliani, vittime predestinate di un genocidio a bassa intensità, di crudeltà inaudite specie verso i bambini carcerati .

E' possibile immaginare un Egitto libero e democratico accanto ad una Palestina sofferente e sempre di più ridotta a lager da Israele? Io credo di no e credo che l'appoggio di Obama e dell'Occidente ad Israele provocherà altri sommovimenti nella regione.

Onore al popolo egiziano per la sua rivoluzione vittoriosa! Ancora oggi moltissimi giovani festeggiano in Piazza Tahir. Ma la gestione della rivoluzione è nelle mani dei militari che sono complici da sempre del regime di Mubarak. Si è creata la stranissima e surreale situazione di una rivoluzione che festeggia un colpo di Stato militare del quale non sappiamo quasi niente. Certo è importante che il potere non sia stato trasferito a Omar Suleiman, ma l'esercito non è certo depositario e garante delle ragioni della rivolta.
La delegittimazione del movimento dei fratelli musulmani e del partito comunista hanno decapitato la rivoluzione del suo centro laico democratico e popolare. La rivoluzione non ha un suo gruppo dirigente e non ha in mano niente.
Si può sperare in scelte giuste da parte di un potere misterioso e gerarchico distante dal popolo quanto lo era Mubarak, integrato con il Pentagono e con Israele? Queste scelte "giuste" non ci saranno fino a quando non cambierà la politica dell'Impero che oggi, pur essendo in crisi ed in grave declino, continua ad insistere nella imposizione del suo ordine mondiale.
di Redazione IL PUNTO ROSSO a cura di PIETRO ANCONA
12 febbraio 2011

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