
La collera si fa largo nel mediterraneo. Da sud, sulla spinta del movimento rivoluzionario tunisino, alle prese in questi giorni con il tiro incrociato della repressione del neo-governo Ghannouchi e le azioni terroristiche della milizia dei fedeli al vecchio tiranno, la collera si espande e si organizza utilizzando ogni risorsa: social network, vecchie sedi sindacali, giornali e uffici dell'opposizione legale o semi clandestina, passa parola, assemblee d'istituto ed in facoltà, e poi il senso comune che forse è arrivato il momento, che è possibile realizzare l'impossibile: mandare tutti via, Raiss, sbirri e apparati istituzionali che per decenni hanno solo gestito la povertà per garantire la ricchezza e gli interessi di pochi con carcere, tortura e censura per tutti.
Gli studenti e i disoccupati iniziano  ad accendere gli  interruttori delle rivolte come già successo nei  primi giorni di Gennaio  in Algeria, così in Egitto ed altri  interruttori sono ora tra le loro  mani. Oggi in Yemen, proprio in  questi minuti, è iniziata una grande  manifestazione che sta portando in  piazza più di 20000 persone (e le  cifre sono in aumento) per  rivendicare quell'intreccio di istanze che  questa generazione in lotta  nel mediterraneo riesce ad esprimere con  forze e radicalità  coinvolgendo la maggioranza della società: sulla  lotta contro la crisi,  contro la "vitaccia" convergono le battaglie  civili tentate in passato  solo da coraggiosi attivisti e attiviste per i  diritti umani. E la  collera aumenta e svela ad ognuno il destino comune  di miseria ed  oppressione.
Nella capitale yemenita agli studenti universitari  si uniscono  operai ed avvocati, giornalisti e disoccupati. Tutti  contro il governo,  che seguendo l'esempio egiziano ha annunciato timide  riforme ed aperture  per poi mobilitare masse di sbandati assoldati per  qualche spicciolo  per animare una piazza filo governativa, e mostrare  così al mondo che il  regime ha qualche consenso. Ma come in Egitto  anche altrove la mossa  politica non funziona e grazie ai social network  e ad alcuni media  potenti come aljazeera il mondo sa che a manifestare  per il regime sono  solo poliziotti senza divisa e mercenari  straccioni. Pronti a divenire  gli squadristi del lato sud del  mediterraneo.
Ma il movimento tunisino ed egiziano  non si sono fatti intimidire  dal terrorismo armato delle milizie  riuscendo come nel caso egiziano a  rompere lo schema "o caos o regime"  imposto da Moubarak. Piazza alTahrir  non cede e ancora in questo  momento il movimento si batte contro le  provocazioni della bandacce  filo governative. Potrebbe essere un utile  esempio anche per la piazza  siriana che per domani e dopo domani ha  annunciato le giornate della  collera e a Damasco si parla già della  "rivoluzione siriana" che viene.  Il regime ha tentato di bloccare sul  nascere la diffusione  dell'appello ma sembra senza riuscirvi visto che  le pagine facebook che  inneggiano alla collera siriana e chiamano alla  mobilitazione, ogni  giorni aggiungono migliaia di adesioni.
In Giordania la monarchia è alle prese con un movimento  che è stato  forse il più sensibile al richiamo della piazza tunisina,  scendendo in  strada fin dai primi giorni della mobilitazione contro Ben  Ali,  esprimendo solidarietà ai rivoltosi unendovi le proprie lotte  contro la  crisi ed il regime. Con gran fretta il re giordano ha  riformato il  governo promettendo di invertire sulle politiche  economiche.  Provvedimenti annunciati che non ha convinto il movimento  che ha già  fissato nuovi appuntamenti di contestazione ed espressione  di rabbia e  indignazione.
Che dalla solidarietà all'Egitto e alla Tunisia  in rivolta si passi  alla mobilitazione contro le proprie istituzioni è  il timore che unisce  monarchi, regimi e partiti al governo  storicamente anche avversari se  non nemici, è il caso delle proteste  represse e soffocate in Palestina  sia dalla polizia di Fatah e che da  quella di Hamas, che come dice lo  scrittore Omar Barghouti "concordano  in così poco, e quell'unico piccolo  denominatore comune è la  repressione del dissenso e la repressione  della libertà".
Mentre in Egitto, in Tunisia, in Yemen e domani in Siria  si  occupano le piazze e si annunciano proteste, la collera torna in  Algeria  dove le lotte per i diritti sociali e contro la repressione,  nei fatti,  non si sono mai fermate ma dopo le rivolte di gennaio hanno  mostrato al  regime di quale potenza sono capaci ad esprimere.  Disoccupati,  studenti, giovani proletari già protagonisti di micro  conflitti diffusi  avranno nella giornata del 12 febbraio una scadenza  importante per  tentare l'impossibile: la fine dello stato d'emergenza e  il  rovesciamento del regime.
L'opposizione sociale e politica ha convocato una giornata di mobilitazione nazionale unendosi in un coordinamento da cui sono emerse anche profonde differenze tra i collettivi, la compagine sindacale, i partiti, i gruppi e le associazioni per i diritti umani ma che non hanno voluto rinunciare ad organizzare insieme un corteo che dovrebbe attraversare le strade di Algeri e di altre città per contestare il regime e puntare con forza l'indice contro la crisi capitalista. Il regime da parte sua ha già annunciato che il 12 febbraio nessun corteo sarà autorizzato... ma ormai nel lato sud del mediterraneo alla paura ha fatto il posto la collera e ad Algeri è già da un pezzo che si fa strada tra i vicoli della Casbah.
L'opposizione sociale e politica ha convocato una giornata di mobilitazione nazionale unendosi in un coordinamento da cui sono emerse anche profonde differenze tra i collettivi, la compagine sindacale, i partiti, i gruppi e le associazioni per i diritti umani ma che non hanno voluto rinunciare ad organizzare insieme un corteo che dovrebbe attraversare le strade di Algeri e di altre città per contestare il regime e puntare con forza l'indice contro la crisi capitalista. Il regime da parte sua ha già annunciato che il 12 febbraio nessun corteo sarà autorizzato... ma ormai nel lato sud del mediterraneo alla paura ha fatto il posto la collera e ad Algeri è già da un pezzo che si fa strada tra i vicoli della Casbah.
 
 
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