lunedì 25 maggio 2009

Crocefissi di Stato

ATTACCO AI DIRITTI FONDAMENTALI E ALLA LAICITÀ DELLO STATO

Giorni di crisi quelli attuali, crisi che non è solo il fallimento del liberismo e del capitalismo di guerra dei conservatori, ma è crisi dello stato democratico e dei diritti inviolabili degli uomini e delle donne.

Un governo populista e securitario respinge in mare per motivi elettorali centinaia di migranti e profughi. Una campagna elettorale costruita sulle macerie dell'Abruzzo. La libertà di stampa lontana. Medici e Presidi delle scuole - come da leggi razziste e fasciste del 1938 – che, per questo governo, dovrebbero diventare spie delle Questure e denunciare i nuovi ebrei/clandestini.

Vengono attaccati i diritti fondamentali dei soggetti deboli, degli invisibili, dei paria di questa nostra società classista e di casta.

Si manda la polizia contro gli studenti dell'Onda che contestano a Torino i rettori europei che svendono le università e il sapere alla logica del profitto e delle imprese.

In questo contesto di attacco frontale ai diritti e di razzismo di stato si colloca la battaglia civile che un docente, Franco Coppoli, togliendo il crocefisso dall'aula durante le sue ore di lezione, sta portando avanti con la solidarietà di tanti soggetti individuali e collettivi per la laicità dello stato e delle nostre scuole, perché le classi siano luoghi di inclusione e di incontro e non spazi di conversione o imposizione dei simboli di quel cattolicesimo che rimane ancora oggi, violando la Costituzione, la religione di Stato, come aveva sancito il fascismo nel '29 con i patti lateranensi.

L'ingerenza continua ed inaccettabile delle gerarchie vaticane e del clero nella politica dimostrano l'imbarbarimento della nostra società.

In un periodo del genere anche un gesto semplice di laicità e di libertà di insegnamento come il togliere il crocifisso durante la propria ora di lezione rischia di essere catalogato come atto di sovversione contro l’ordine costituito, atto da punire con il massimo della severità facendo ricorso a qualsiasi mezzo, stando ben attenti a non affrontare il merito della questione: cioè la laicità dello stato, il pluralismo delle idee, la libertà di coscienza.

È pratica costante del potere rispondere alle emergenze sociali, alle battaglie di libertà con la repressione e questo è forse l’ulteriore dimostrazione del fatto che si vive in uno Stato etico-confessionale e non in uno Stato laico, come dovrebbe essere secondo la Costituzione.

Pur di punire la recidività ribelle del professore si è calpestata la libertà di insegnamento attraverso denunce al Ministero dell'Istruzione e alla Procura della repubblica e la svendita della vicenda ai media locali.

Quello che più infastidisce di questa vicenda è la personalizzazione della politica e la sovraesposizione di nome e cognome con tanto di gogna pubblica e ricatto lavorativo.

Infastidisce soprattutto perché questa non è una faccenda privata tra il professor Franco Coppoli e lo Stato italiano ma una questione collettiva di rilevante portata. Qui è in ballo la laicità dello Stato e la libertà d’insegnamento.

È ora che ognuno prenda parola sviluppando la discussione pubblica e sottraendo così la spigolosa materia alle carte da tribunale o ai titoli ad effetto dei media.

Martedì 26 maggio al Tribunale di Terni vi sarà la prima udienza per discriminazione, un ricorso presentato dal docente per rivendicare le sue ragioni e denunciare il comportamento discriminatorio dello Stato.

Non possiamo restare in silenzio senza portare solidarietà concreta al professor Franco Coppoli.

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