mercoledì 21 luglio 2010

In uno Stato che tortura e uccide chi si ribella è sempre innocente



Ieri, nell’anniversario della morte di Carlo Giuliani, i compagni e le compagne dell’Assemblea nazionale antifascista hanno portato uno striscione a Genova per ricordare Carlo e tutti i compagni, molti ancora sotto processo, che in quelle giornate si sono ribellati. Di seguito il comunicato.


Ricordare Carlo Giuliani e i giorni del G8/2001 è il primo motivo per cui ci troviamo oggi qui a Genova; pensiamo però sia anche necessario ragionare sul significato politico che Genova 2001 ha avuto; a nove anni di distanza abbiamo forse più sangue freddo e più dati su cui tirare alcune conclusioni.


I processi nei confronti dei membri delle forze dell’ordine hanno dimostrato (se mai ce ne fosse stato bisogno) quanto fosse scelta precisa dello Stato quella di reprimere violentemente i manifestanti. Possiamo affermare questo se consideriamo che i funzionari di polizia e carabinieri che si sono resi protagonisti di pestaggi e torture vengono difesi quando non promossi a cariche più alte. Tutto questo, unito alle lievi condanne che sono state inflitte a queste persone, hanno dimostrato l’impunità in cui agiscono le forze dell’ordine nel nostro paese.


Un’impunità che si è palesata successivamente nei numerosi casi di omicidi di Stato di questi anni: Aldrovandi, Bianzino, Lonzi, Cucchi, sono solo alcune delle numerose persone che hanno perso la vita o sono state torturate tra le mani delle divise.


Tra le migliaia di persone che in quei giorni si ribellavano con determinazione alla studiata violenza del potere, si sono scelti 25 capri espiatori, destinati a fare la parte dei cattivi per dimostrare a tutti che la repressione di quei giorni era dovuta alla loro presenza.
Da una parte lo Stato che attacca con violenza brutale e preordinata la protesta, dall’altra i manifestanti che con orgoglio e dignità non si sono piegati a questi soprusi.


Questo meccanismo si è ripetuto negli anni a venire, dalle lotte per il territorio a quelle per il lavoro, fino ad arrivare alle recenti proteste dei terremotati aquilani: “c’erano gli antagonisti, abbiamo bastonato”. Non importa cosa hai fatto, in quale contesto, per quali motivi ciò che conta è la tua identità politica. Tra i 25 compagni, processati per le proteste del G8 2001 alcuni rischiano pene dai 7 ai 15 anni.
Il perpetrarsi di tali avvenimenti e l’autolegittimazione continua da parte dello Stato e dei suoi servi, ha come effetto che nell’opinione pubblica si accetti come fatto normale che le forze dell’ordine possano uccidere e torturare e che chiunque sia portatore di dissenso o tenti di organizzarlo, debba per forza di cose essere duramente pestato o incarcerato. Troppo spesso e sempre di più, ci si trova in condizione di doversi difendere da accuse che colpiscono i compagni più “per ciò che si è e non solo per ciò che si fa”; questo tipo di attacco ha dunque l’obiettivo di paralizzare qualsiasi forma di dissenso, organizzata o spontanea che sia.


L’unità delle lotte e dei percorsi è la principale barriera da costruire contro la repressione di Stato, insieme alla creazione di una rete di solidarietà attiva che permetta di costituire e diffondere quegli anticorpi sociali necessari per difendersi da fascisti e repressione.
Non possiamo perciò che essere vicini a chi in quei giorni si è ribellato a tanta ingiustizia e vogliamo portare all’attenzione di tutti l’importanza di difendere questi compagni, senza alcuna distinzione, e impedendo che cali il silenzio su queste condanne.


In uno Stato che tortura e uccide chi si ribella è sempre innocente.


Assemblea Nazionale Antifascista

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