 SANKT  PAULI (AMBURGO) - Ti svegli, fai colazione con la famiglia, scendi in  strada, incontri gli amici e poi vai allo stadio a vedere la partita  della tua squadra con moglie e figli. Ci vai a piedi, passeggiando in un  quartiere a misura d’uomo. Fuori compri delle bibite ai tuoi ragazzi e  tu ti fumi un bel sigaro cubano. Dentro lo stadio ti bevi una buona  birra tedesca alla faccia delle restrizioni e dei divieti. Magari il  sabato pomeriggio sei andato nella palestra del quartiere a vedere la  partita della squadra non vedenti e a ruota, a trecento metri di  distanza, quella della squadra “amateur” (amatori). Benvenuti a Sankt  Pauli, dove squat e centri sociali sono ormai quasi definitivamente  scomparsi (sgomberati dalla polizia e dall’amministrazione comunale dopo  decenni di battaglie), ma dove il calcio è ancora un elemento di vera  socialità in cui il tifoso non è un mero consumatore come accade ormai  da anni in Italia, ma al contrario è parte integrante del club.
SANKT  PAULI (AMBURGO) - Ti svegli, fai colazione con la famiglia, scendi in  strada, incontri gli amici e poi vai allo stadio a vedere la partita  della tua squadra con moglie e figli. Ci vai a piedi, passeggiando in un  quartiere a misura d’uomo. Fuori compri delle bibite ai tuoi ragazzi e  tu ti fumi un bel sigaro cubano. Dentro lo stadio ti bevi una buona  birra tedesca alla faccia delle restrizioni e dei divieti. Magari il  sabato pomeriggio sei andato nella palestra del quartiere a vedere la  partita della squadra non vedenti e a ruota, a trecento metri di  distanza, quella della squadra “amateur” (amatori). Benvenuti a Sankt  Pauli, dove squat e centri sociali sono ormai quasi definitivamente  scomparsi (sgomberati dalla polizia e dall’amministrazione comunale dopo  decenni di battaglie), ma dove il calcio è ancora un elemento di vera  socialità in cui il tifoso non è un mero consumatore come accade ormai  da anni in Italia, ma al contrario è parte integrante del club.Lo stadio
Lo stadio Millentorn, al momento un affascinante impianto in continua trasformazione che mette insieme terraces  (le gradinate con i posti in piedi) e tribune ultramoderne, si trova  nel cuore del quartiere ed è sempre esaurito da almeno sei anni, ovvero  quando la squadra vivacchiava in terza serie. Oggi è uno degli stadi più  carini e funzionali del mondo, a 200 metri dal porto più importante  d’Europa, da cui nel Cinquecento partivano i pirati per solcare i sette  mari. Insomma tutto il contrario di quello che succede da noi dove gli  stadi vengono costruiti con soli posti a sedere (qui, al contrario,  oltre la metà sono in piedi su precisa richiesta dei tifosi) e lontano  dai centri cittadini.
In fase di costruzione è l’asilo nido  all’interno della tribuna centrale, che permetterà ai genitori di  “parcheggiare” i propri figli all’interno dello stadio durante la  partita.
Il merchandising
Il St. Pauli è un brand. Che mescola insieme politica e società, anarchia e contropotere. Il tutto istituzionalizzato nel motto presente nel marchio “Not established since 1910” (“lontano da ogni esercizio di potere dal 1910”). Il merchandising, come hanno ironicamente sottolineato i tifosi dell’Amburgo domenica scorsa con uno striscione (“Siete come la birra Astra – sponsor storico del St. Pauli, ndr – un prodotto scadente con un gran merchandising”), è di primissimo ordine, sia come qualità che come volume di vendite. Lo scorso anno, con la squadra in seconda serie, ha venduto più materiale di Milan e Juventus. Parole d’ordine come “antifascismo” e “antirazzismo” sono impresse su molti prodotti ufficiali, a fianco dell’immancabile Jolly Roger, il teschio simbolo dei pirati, che oltre ad essere il conosciutissimo ed originalissimo marchio del club, dà anche il nome al pub dove si ritrovano i tifosi più caldi.
Il Sankt Pauli è di chi lo tifa
“I soci sono il St. Pauli – spiega Massimo Finizio, ex presidente della assemblea dei soci, italiano trapiantato ormai da più di dieci anni a St. Pauli – perché i soci decidono e dirigono il club. Sono loro i proprietari e gli amministratori della società. Ma è errato parlare di “azionariato popolare”: i soci non sono azionisti, ma partecipano alle attività sia sportive che dirigenziali del club stesso. Con questo connubio, il Sankt Pauli fattura solo in merchandising oltre 10 milioni di euro annui e solo l’anno scorso sono state vendute più di 40mila maglie ufficiali”. Ogni mese il St. Pauli, ci spiega Finizio sorridendo, registra oltre 100 nuovi soci. “Il segreto? Semplice, qua si parte dalla base, al contrario di quanto purtroppo succede in Italia, dove pochi decidono le sorti di molti. Il socio, ad esempio, disegna le maglie e non a caso il St. Pauli quest’anno ha gia vinto un campionato, quello della più bella maglia della Bundesliga. Il socio ha deciso che il nome dello stadio non potrà mai essere venduto a nessun’azienda o multinazionale, come invece succede in Inghilterra e come presto accadrà anche da noi. Nel mezzo della curva dove trovano posto gli ultras – ci racconta Finizio – c’è uno striscione storico, “Millentorn”. Ebbene, poco tempo fa l’Astra, uno storico sponsor del St. Pauli che produce birra, ha chiesto di togliere quello striscione per inserire un proprio banner. Apriti cielo! E infatti il club ha declinato l’offerta su precisa richiesta dei tifosi. “In Italia – sottolinea amaramente Finizio – la chiamano tessera del tifoso ma sarebbe più opportuno ribattezzarla “tessera del consumatore”. Qua i tifosi hanno la tessera da socio, che va oltre l’identificazione di tifoso: i tifosi del St. Pauli sono il St. Pauli”.
Il derby
Domenica  andava in scena una partita storica. Per la prima volta nell’era  moderna, il St. Pauli ha potuto giocare il derby con gli odiatissimi  rivali cittadini dell’Amburgo nel proprio stadio (nelle edizioni  precedenti, per motivi di ordine pubblico, si è sempre giocato in casa  dell’Amburgo). Un derby non paragonabile a nessuna stracittadina  italiana. Una contrapposizione di mentalità e di storia, ma anche di  classi, una borghese e spiccatamente capitalista, l´altra proletaria e  popolare, che va allo stadio per divertirsi, indipendentemente dalla  categoria in cui il St. Pauli milita e dall’avversario contro cui gioca.  Divertirsi, parola ormai sconosciuta negli stadi italiani da cui molti  hanno deciso di allontanarsi e una buona parte di coloro che continuano  ad andare allo stadio sembra lo facciano ormai più per dovere che per  piacere.
I tifosi dell’Amburgo hanno dovuto sudare le proverbiali  sette camicie per ottenere uno dei 2.500 biglietti loro riservati. Gli  altri invece si sono radunati in 40.000 all’interno del loro stadio dove  è stato allestito un maxischermo gratis e una festa per i soci del  club. Da notare che anche 800 tifosi del St. Pauli senza biglietto hanno  potuto assistere a questo evento senza che per questo ci fossero  problemi di ordine pubblico. Altre svariate migliaia di tifosi  dell’Amburgo, invece, hanno affittato numerosi pub dentro St. Pauli e  nel limitrofo quartiere di Altona. Gli ultras (forse un po’ dimenticati  dal proprio club che ha messo loro a disposizione solo 500 dei 2.500  biglietti complessivi), invece, hanno cercato di entrare allo stadio  senza biglietto caricando all’ingresso. Ci sono riusciti in 200 anche  dopo essersi scontrati con la polizia. E fuori dallo stadio, nel  quartiere, non sono mancati i tafferugli, sempre creati e cercati dagli  ultrà dell’Amburgo, con i pacifici tifosi del St. Pauli costretti a  giocare “di rimessa”. Alla fine il bilancio sarà pesante: oltre 50  fermati e decine i feriti. Numeri inusuali per il calcio tedesco, anche  se i tifosi del St. Pauli sono ormai abituati alle provocazioni degli  ultrà avversari, soprattutto quando questi sono contrassegnati da  ideologie neonaziste.
In campo il St. Pauli è stato raggiunto solo  all’88’ con il classico tiro della domenica del talentuoso croato  Petric. Per uno scherzo del destino, la prima vittoria dei marroni in un  derby al Millentorn avrebbe portato la firma di Fabian Boll, forse il  calciatore meno amato dai tifosi visto che oltre a fare il calciatore è  anche ispettore della polizia criminale di Amburgo.
Ma al di là del  dato statistico, ciò che ci ha maggiormente sorpreso è lo stadio, al  fischio finale, non si é svuotato immediatamente come succede purtroppo  da noi: entrambe le squadre sono rimaste in campo e hanno ringraziato i  tifosi per il loro grande tifo: grandi cori, striscioni, coreografie e  sfottò da ambo le parti. In barba a quelle leggi stupide e inutili che  abbiamo in Italia, stelle filanti, rotoli di carta, megafoni, coriandoli  e fumogeni (questi in realtà vietati anche in Germania) hanno creato  quella atmosfera elettrica che noi abbiamo ormai dimenticato da anni.  Cori, battimani e saltelli simultanei hanno fatto vibrare il Millentorn  come accade a Pozzuoli durante il bradisisma. E poi non va dimenticato  che i tifosi delle due squadre erano seduti uno accanto all’altro un po’  in ogni settore. Immaginate tifosi della Juventus a Firenze che  festeggiano un gol dei bianconeri in mezzo alla curva Fiesole?
“Ah,  dimenticavo una cosa importante”, ci fa Finizio prima di salutarci. “Lo  sai che il St. Pauli con oltre il 35% ha la più alta presenza femminile  allo stadio di tutta la Bundesliga?”. “Un altro calcio è possibile”, gli  rispondiamo noi. Ma è una risposta sarcastica: noi abitiamo in Italia,  abbiamo Maroni, tessere del tifoso, teppisti in divisa, ma soprattutto  presidenti padroni e tifosi sottomessi.
per Senza Soste, Tito Sommartino (tratto da Senza Soste n. 53, ottobre 2010
 
 
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